Il primo aiuto potrebbe arrivare dalle telecamere di videosorveglianza: i controlli, pressoché capillari sulle tratte autostradali, potrebbero fornire un grosso aiuto agli agenti della squadra mobile di Pescara, diretti da Gianluca Di Frischia, per arrivare a individuare le otto persone (forse anche di più) che l'altra mattina hanno assaltato il blindato dell'istituto di sorveglianza Aquila, tra i caselli di Pescara ovest e Pescara nord. Italiani, accento del sud, campani o pugliesi. Con qualche quota in più per i secondi, che tradizionalmente sulle rapine ai portavalori hanno il loro core business.
Le immagini delle telecamere potrebbero consentire di ricostruire il percorso delle auto utilizzate dai banditi prima di arrivare ad intercettare il furgone dell'istituto di sorveglianza e ad avere quindi un'idea dei loro movimenti. Ma la polizia si sta muovendo anche sugli elementi acquisiti, nel corso dei sopralluoghi, dalla scientifica: sono state raccolte una serie di indicazioni utili a muoversi in un ambito che potrebbe rapidamente essere più definito. Preziose sono state anche le testimonianze raccolte nell'immediatezza e soprattutto le dichiarazioni delle due guardie giurate che, seguendo il protocollo di sicurezza, sono di fatto riuscite a rallentare l'attività dei rapinatori fino all'arrivo della polizia.
La determinazione dei vigilantes e la tempestività dell'intervento sono stati i due elementi decisivi nel far fallire il colpo.
I due uomini sono stati poi condotti in ospedale per accertamenti: il caposcorta ha riportato la frattura a una mano. Nel mirino della squadra mobile anche i basisti locali: gli esperti del settore sono per lo più in cella, ma questa operazione pur non di altissimo livello potrebbe aprire le porte sul ruolo di personaggi locali che stanno tentando di farsi strada.
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