Viterbo, l'export rallenta nel 2021 e cresce meno delle altre province del Lazio

Viterbo, l'export rallenta nel 2021 e cresce meno delle altre province del Lazio
di Luca Telli
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Martedì 26 Ottobre 2021, 11:55

Segnali poco incoraggianti per l’export della Tuscia: previsioni al ribasso in attesa del rapporto ufficiale sul terzo trimestre del 2021. E ora la provincia rischia il sorpasso da parte di Rieti. Secondo i primi dati infatti la crescita delle esportazioni del comparto agricolo e manufatturiero incasserebbero un rallentamento piazzando la provincia all’ultimo posto tra le cinque laziali.

I dati del 2021 restano comunque positivi «e diversamente non potrebbe essere dopo la paralisi generata dal primo anno di pandemia – spiega Daniele Sabatini, Eurostudio Sabatini specializzato in consulenza, export ed incentivi per le imprese -. Se andiamo a vedere i numeri però salta subito all’occhio come la forbice tra noi e le altre province si stia allargando. Cresciamo, ma con un ritmo molto inferiore a quello nazionale e regionale».

Per capire meglio cosa stia succedendo basta dare uno sguardo ai numeri cumulativi che il settore agricolo (caccia e pesca compresi) e manufatturiero hanno prodotto lo scorso anno, e stanno producendo ora, e confrontarli poi con quelli della provincia di Rieti.

Il primo semestre del 2020 l’export extra Unione Europea aveva fruttato alla Tuscia un valore di 169.008.392. Nell’anno in corso, stesso periodo, complice la riapertura del mercato è salito a 208.427.884. La provincia di Rieti, invece, aveva cumulato 159.865.696 (2020) e 208.329.331 ad un passo dai numeri del viterbese con il quale la forbice si è ridotta sensibilmente.

Forbice che invece aumenta a parti inverse quando si tiene in considerazione il mercato interno dell’Unione a 27.

Viterbo aveva chiuso il primo semestre 2020 con esportazioni pari a 111.222.002 aumentato a 134.016.803 quest’anno. Rieti: 136.300.793 e 172.208.284. Spiega Sabatini: «La parziale retromarcia sui dazi ha agevolato il mercato verso gli Stati Uniti. Anche l’estremo oriente, il Giappone, e il sud est asiatico danno segni di un dinamismo che getta le basi per una crescita futura. Tuttavia perdiamo quote in quelli che sono i nostri partner tradizionali».

Il calo di attenzione da parte del mercato estero «non è legato – spiega Sabatini – ad un prodotto del Made in Italy considerato meno interessante. Piuttosto appare sempre più evidente una capacità ancora non del tutto matura di saper intercettare le opportunità e i fondi per la digitalizzazione e per l'internazionalizzazione delle imprese». E aggiunge: «Anche recentemente, grazie alle risorse del PNRR, abbiamo osservato un importante iniezione di liquidità e contributi a fondo perduto atti a sostenere il delicato quanto complesso e spesso costoso processo di internazionalizzazione delle aziende. Non saperli intercettare significa lasciare sempre più quote di mercato ad altri territori».

Con il rischio di perdere terreno da qui al prossimo quinquennio.

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