Crisi idrica, autobotti per 6mila cittadini. Previste turnazioni per 50mila viterbesi

L'autobotte a Soriano nel Cimino
di Federica Lupino
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Lunedì 8 Agosto 2022, 04:40 - Ultimo aggiornamento: 9 Agosto, 11:33

Circa 6mila cittadini della Tuscia alle prese con le autobotti. I primi comuni a fare i conti con la crisi idrica sono stati Blera (Località Monticello e Vallefredda), Vetralla (nella frazione di Tre Croci), Acquapendente (frazione di Trevinano) cui si sono aggiunte a fine luglio Soriano nel Cimino (località San Giorgio) e dai giorni scorsi Gallese.

Crisi idrica, le autobotti non bastano più. A Gallese costretti a spegnere il dearsenificatore

Quali sono le prospettive lo rivela l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale nel bollettino di agosto.
“Sulla base dei dati forniti dal gestore (per la maggioranza del territorio è Talete, ndr) e dall’Ato è ipotizzabile – riportano gli esperti dell’organismo - che si verifichino a breve impatti molto più significativi”, quali riduzione di pressione, turnazioni e necessità di utilizzo del servizio sostitutivo con autobotti, sugli utenti in 18 Comuni rispetto ai 60 totali che compongono l’ambito territoriale ottimale, per una popolazione interessata di circa 47.000 abitanti.
Ma anche la soluzione delle autobotti non è poi così certa: come denunciato dal sindaco di Gallese, Danilo Piersanti, persino le società che offrono il servizio sono in difficoltà sia per la scarsità della risorsa ia perché la domanda è tanto alta che i mezzi potrebbero non bastare per tutti.

La situazione va quindi peggiorando, come dimostrano le rilevazioni fatte. “Sulla base dei dati pluviometrici disponibili si rileva che le cumulate dell’ultimo anno – rivela l’Autorità di bacino - evidenziano un deficit fino al 50% rispetto alle medie storiche del periodo; tale deficit fino al 70% se riferito al primo semestre del 2022”. Allo stato già si registrano significative diminuzioni di portata disponibile sia alle sorgenti di maggiore rilevanza tipo Piancastagnaio e Le vene a servizio dei comuni dell’Alto viterbese, con deficit fino al 30- 40% rispetto alle medie storiche del periodo, che alle fonti più superficiali, per le quali si registra una generalizzata diminuzione media fino al 50% delle portate disponibili.

Oltre ai centri dove già si fa ricorso alle autobotti, criticità di disponibilità idrica si registrano un po’ ovunque, ma in particolare a Nepi, Viterbo (Grotte Santo Stefano), Montefiascone e Vignanello. 

Ma non ci sono solo i disagi legati all’acqua che non basta dentro le abitazioni. Ne sanno qualcosa gli agricoltori alle prese con una stagione secca come da decenni non si registrava. Sulla base delle informazioni fornite dai Consorzi di bonifica, “gli attingimenti alimentati da corpi idrici superficiali sono in una condizione di forte sofferenza. È risultato già necessario avviare, per vaste aree consortili, un piano di turnazione degli utenti e una riduzione delle quantità di volumi utilizzati per ettaro, con il rischio in alcuni casi di arrivare alla chiusura degli impianti”, sottolinea l’Autorità di bacino. Gli usi alternati dell’acqua per irrigare le colture sono ormai la norma soprattutto nella zona del litorale, Tarquinia e Canino in primis.

Intanto, la questione è finita sui banchi del Governo. Dopo il decreto per lo stato di calamità firmato dal presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti a fine giugno, tre giorni fa il Consiglio dei Ministri, su proposta del presidente Mario Draghi, ha deliberato l’estensione degli effetti della dichiarazione dello stato di emergenza, adottata con delibera del 4 luglio 2022 per il deficit idrico in atto, ai territori laziali ricadenti nel bacino del distretto dell’Appennino centrale. Per far fronte ai primi interventi, sono stati stanziati ulteriori 5.800.000 euro a carico del Fondo per le emergenze nazionali.

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