Fase 2, i negozianti di Rete impresa: «Aiuti concreti alle imprese, per il centro storico è l'ultima chiamata»

Fase 2, i negozianti di Rete impresa: «Aiuti concreti alle imprese, per il centro storico è l'ultima chiamata»
di Luca Telli
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Sabato 25 Aprile 2020, 13:32 - Ultimo aggiornamento: 26 Aprile, 11:45
Da casa al negozio. E poi dal negozio a casa. Un pellegrinaggio laico quasi quotidiano, fatto di pochi mea culpa e tante preghiere. Dentro, oltre la saracinesca, è come stare nella pancia di una balena: la vita, in qualche modo, va avanti, senza capire davvero cosa succede fuori. Tra le note sfumate di notizie che arrivano e cambiano pelle velocemente, e le ginocchia immerse nel fango di una realtà che ha la fisicità di tante lingue di carta che sbucano per metà oltre la soglia.

«Bollette, solleciti, fornitori. Quelle non si fermano e se ne fregano dell’emergenza», dice con un misto di rabbia e paura Alessandra Di Marco, presidente della Rete impresa ‘Viterbo capitale medioevale’ e titolare di uno storico negozio di abbigliamento sportivo in centro. Via Saffi, via Roma, Corso Italia.

La previsione dice che qui il rischio di fallimento è oltre il normale. Una lacerazione potenzialmente irreversibile di quello che, per decenni, è stato il tessuto economico e sociale della città: sfibrato, negli ultimi anni, dallo spostamento del baricentro cittadino, dalla rivoluzione digitale, dal fallimento delle classi politiche che si sono succedente, inadatte a affrontare i cambiamenti e tenere il passo con una dimensione mutata.

«È passato un mese e mezzo dalla chiusura obbligata e nessuno è in grado di darci come stanno realmente le cose, il 4 maggio apriremo senza una certezza – dice Di Marco -. Le ultime notizie, per i negozi di abbigliamento, parlano di ingressi contingentati, condizionatori spenti in estate, di mascherine, guanti e vestiti da igienizzare dopo ogni prova. Si parla di quello che sarà con molta approssimazione mentre si evita di prendere provvedimenti immediati che permettano alle imprese di sopravvivere».

Aiuti economici, sgravi fiscali e ridimensionamento delle imposte da pagare, l’alternativa: una riga nera sul nome in Camera di Commercio e un futuro da inventare. Per sé e per i dipendenti, molti dei quali ancora in attesa della cassa integrazione. «L’e-commerce ha dato pochi frutti. Serve liquidità e non solo per le imprese. Garantire la sopravvivenza se poi i consumi crollano è come costruire una casa sulla sabbia, la fine è solo rimandata alla prossima piena. Prima viene l’essenziale e poi il superfluo, come è normale che sia, i conti sono quelli».

Poi, continua Di Marco, «la difficoltà del momento è enorme per imprenditori, cittadini e anche per la politica, nella mani delle quale è scoppiata una bomba che ha fracassato ogni schema. 600 euro per le partite Iva è qualcosa, ma è poco. Come inadeguate sono le misure legati ai prestiti: debiti per far fronte ad altri debiti, un cane che si morde la coda.  La mia paura è che tanti rischiamo di sparire». Condivisa con tutte le altre attività del centro alcune delle quali hanno già fatto sapere che non riapriranno.

«Al Governo chiediamo di fare alla svelta. Al Comune di sospendere il pagamento delle imposte. Lo stop alla tassa sulla pubblicità deve essere il primo di tanti provvedimenti da includere all’interno di un pacchetto di sostegno – conclude Di Marco – Per il centro storico è l’ultima chiamata».
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