«Afferrata e spinta verso le scale». Omicidio Ronciglione, in aula la ricostruzione in 3D della caduta mortale

Il pm Pacifici e gli investigatori del Ris nella casa di Ronciglione
di Maria Letizia Riganelli
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Venerdì 26 Giugno 2020, 08:00 - Ultimo aggiornamento: 21:38
Afferrata per il braccio destro. Spinta verso il parapetto delle scale. Un muretto alto poco più di 80 cm che diventa leva fatale per Maria Sestina Arcuri che, in una frazione di secondo, vola giù verso il vuoto. Sbatte prima la testa sul rialzo del pavimento, poi la schiena. Le immagini in 3D, realizzate grazie al laserscanner in dotazione al Ris di Roma, scorrono davanti agli occhi della Corte d’Assise del Tribunale di Viterbo. L’ipotesi investigativa più plausibile è lì davanti a tutti.

Ad assistere anche l’unico imputato, Andrea Landolfi Cudia il trentenne romano accusato di aver ucciso la fidanzata. La tragedia si è consumata la notte tra il 3 e il 4 febbraio 2019 a Ronciglione, nella casa della nonna dell’imputato. Un’appartamento su due piani che durante le indagini è stato setacciato, per tre volte, dagli uomini del Ris.

«Le ispezioni - ha spiegato il maggiore Gasparollo - sono state utili per la ricostruzione dell’evento e per accertare quale delle ipotesi, incidente o colluttazione con caduta, abbia provocato la morte della 26enne».
Le ispezioni sono state effettuate l’11 febbraio, il 20 febbraio e il 29 maggio. Nelle prime due sono state repertate le tracce di sangue trovate in casa, con particolare attenzione alla zona delle scale, e nell’automobile. Mentre il 29 maggio il Ris è entrato con il laser scanner 3D utile per fornire spiegazione fisica della caduta.

«Lo studio - ha spiegato il colonnello Paolo Fortini del Ris - è partito dall’analisi delle lesioni della vittima. Un dato oggettivo che grazie ai rilievi e alle misurazioni ci ha permesso di ricostruire la dinamica». In particolare il Ris ha ricostruito in 3D sulla scala tre ipotesi. Da quella fornita dall’imputato, ovvero di una caduta contemporanea dei due fidanzati sulle scale, a quella ritenuta l’unica plausibile.

«Si è verificato - ha detto Fortini - un evento singolare. La vittima aveva il baricentro della stessa altezza del parapetto delle scale, quindi una piccolissima spinta l’avrebbe fatta volare di sotto. Ma la vittima non è caduta a piombo come fa un corpo senza spinta. E’ caduta più in là, sbattendo contro il caminetto, questo perché ha ricevuto una spinta che giustifica anche il livido da presa riscontrato sul braccio destro».

Fisica, dinamica e cinetica, sapientemente utilizzate, sembrerebbero aver dato una risposta alla tragica morte di Maria Sestina. L’udienza ha fornito anche altre rivelazioni. Quelle illustrate dal perito di parte, Sergio Civino, ingegnere informatico che ha sbloccato il telefono della vittima e analizzato il contenuto. «Dalle chat - ha spiegato - sono lampanti le liti. La vittima la notte del 3 ha anche chiamato la nonna di Landolfi per tre volte. Nello stesso momento cercava su google B&B  a Ronciglione. Tra la cose cercate c’è anche l’interpretazione di un sogno ricorrente: bambini e serpenti morti».

L’ingegnere ha anche migliorato l’audio di un’intercettazione della nonna dell’imputato. «La donna, dopo l’interrogatorio col pm, disse: “Non è vero certo… quando l’ha buttata giù”». Lunedì prossimo si torna in aula.
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