«Noi lavoriamo molto con tour operator cinesi e giapponesi – racconta Gasparri – e la bufera in arrivo abbiamo iniziato a sentirla nei mesi di gennaio e febbraio: il nostro fatturato, in quei mesi, è calato del sessanta per cento; mentre da marzo del cento. Ho dieci dipendenti in cassa integrazione e molti di loro non hanno ancora visto un soldo: fino a quando ho potuto ho dato fondo a 42 mila euro di risparmi aziendali, ma con otto pullman che valgono un milione e trecentomila euro fermi in garage non so quanto posso resistere».
Come detto la ripartenza si annuncia lontana e piena di incognite. «Abbiamo sentito gli effetti della crisi per primi e ne usciremo per ultimi. In questo lasso di tempo però, bisognerà vedere quante aziende resteranno in piedi. La cassa integrazione copre fino a giugno, poi in base all’ultimo decreto può essere riattivata a fine agosto: le ditte fino a quel mese non possono licenziare; ma a luglio e agosto chi li paga i dipendenti se non abbiamo modo di fatturare?».
Gasparri non vuole licenziare anzi, i suoi dipendenti sono la prima preoccupazione appena apre gli occhi la mattina.
«Sono giorni difficili per tutti e lo capisco, ma lo scorso anno tra contributi e tasse la mia azienda ha versato 150 mila euro nelle casse dello Stato. Servono consistenti aiuti a fondo perduto non tarati su un singolo mese, ma sull’intero anno visto che per il nostro settore il 2020 sarà a fatturato quasi zero. Ristoranti e bar, pur tra mille difficoltà, hanno un orizzonte davanti: noi fino ad ottobre prossimo abbiamo tutte le prenotazioni annullate ed inoltre, entreremo nel periodo di bassa stagione e con i leasing dei pullman che riprenderanno a correre visto che sono stati sospesi soltanto fino a settembre». I primi a chiudere gli ultimi a ripartire.
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