L'intervista/L'avventura in Cina dell'allenatore Maurizio Forti: «La mia squadra è rosa»

Maurizio Forti
di Marco Gobattoni
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Giovedì 23 Gennaio 2020, 11:50 - Ultimo aggiornamento: 7 Febbraio, 16:37

Reinventarsi a 57 anni per amore del calcio. La storia è quella di Maurizio Forti, viterbese e allenatore di calcio che sta vivendo una nuova – affascinante – avventura in Cina. Il paese del Dragone si sa, vuole fare le cose in fretta: primeggiare in tutti campi è l’obiettivo del paese orientale che da diversi anni investe molto nel calcio.
Senza scomodare i paragoni con Marcello Lippi e Fabio Cannavaro, stelle della panchina italiana che in Cina hanno già saputo vincere, si può tranquillamente raccontare l’epopea di un tecnico che è partito dai bassifondi del nostro calcio. Quei bassifondi di calcio vero però, con il pallone della domenica mattina, la cena del giovedì e quella genuinità che manca nel football dei professionisti.


(Non solo ragazze, Forti ha allenato anche i ragazzi)

Maurizio Forti però, è anche tanto altro: laureato in Scienze Politiche, allenatore professionista Uefa A, ma soprattutto professore di un calcio studiato e spiegato come forse – oggi – soprattutto con i più giovani, non si usa fare più. Forti, che in passato ha allenato la Berretti della Viterbese e tante altre squadre, vincendo anche una storica Coppa Italia di Promozione alla guida del Montalto, ha puntato sempre sul bel gioco e si è avvicinato alla Cina grazie al progetto dell’International Academy Soccer, agenzia di calcio italiana diretta da Carlo Piazzoli e coordinata dall’ex team manager della Juventus Daniele Boaglio e dall’ex attaccante dell’Inter Evaristo Beccalossi.

Forti, ma come è iniziata dunque la sua esperienza in Asia?
«Due anni fa facemmo uno stage con alcuni ragazzi cinesi a Chianciano Terme – racconta il tecnico viterbese – ci siamo trovati bene: all’academy è piaciuto il mio modo di lavorare e, vista la collaborazione con alcuni college in Cina, si è aperta questa possibilità di poter andare ad insegnare calcio da loro. Mi è stato fatto un contratto per un anno: la cosa bella però è che il mio gruppo di lavoro si concentra sul calcio femminile: dopo il grande successo dei Mondiali estivi anche in Cina vogliono puntare molto sul pallone in rosa».

Quindi ha fatto subito i bagagli?
«Esatto, sistemato il bagaglio son partito destinazione Binhai provincia di Shangdong: Forti, che ha lasciato in Italia moglie e figli, vola in Cina insieme al mio collaboratore e preparatore atletico professionista Alessandro Santoro, amico e assistente di grande valore con un curriculum da fare invidia a tanti».


(Foto di gruppo degli allenatori)

Certo un passo azzardato...
«Alla mia età non è facile cambiare stile di vita, ma per amore di questo sport e per la grande opportunità professionale che mi è stata data non ci ho pensato due volte. In questi mesi sto scoprendo un modo di vivere completamente nuovo: l’organizzazione scolastica in Cina è meticolosa: sfiora la perfezione. Lo Stato si occupa di tutti i suoi figli e l’avviamento allo sport parte fin da bambini. A livello di capacità motorie - le ragazze cinesi - sono avanti anni luce rispetto alle nostre: tatticamente e tecnicamente c’è da lavorare molto, ma noi siamo lì per questo».

E’ riuscito già ad entrare nel modo di pensare cinese?
«Hanno una cultura del lavoro pazzesca: non si lamentano mai e tengono molto ai rapporti professionali. Pretendono correttezza e professionalità: noi lavoriamo dalla mattina alla sera e abbiamo poco tempo per lo svago».
Quando capita però un giro per scoprire modi e stili di vita di un popolo che sembra lontano anni luce da noi è d’obbligo. «Sono dimagrito dieci chili inizialmente per noi italiani è difficile calarsi nel regime alimentare tenuto dai cinesi. Pasta, caffè, pane, formaggi, salumi e olio d’oliva sono quasi impossibili da trovare: mi butto sul riso, ma mi è capitato di mangiare anche grilli e cavallette insieme ad un bel boccale di birra».

(La squadra cinese di Maurizio Forti)

E’ vero che ha da ricordare anche un viaggio in Corea del Sud e una marea di selfie ?
«Noi italiani siamo molto gestuali: spesso durante gli allenamenti e le partite mi sbraccio e fischio alla Trapattoni: non sto mai fermo. Questo incuriosisce molto le mie calciatrici: durante una partita vinta abbiamo segnato: ho fatto il gesto del gol alzando le braccia ed hanno iniziato ad imitarmi tutti».

Una cosa che le è rimasta impressa?
«Ci sono tante situazioni: avrò fatto decine di foto nemmeno fossi Brad Pitt; quella dove sto io non è una zona turistica: quando incontrano un occidentale è come se avessero visto un marziano».

Un’esperienza insomma da ricordare e possibilmente da proseguire.
«Ai miei figli la consiglierei. Scoprire modi di vivere e culture diverse è fondamentale: in Cina mi sto trovando benissimo; a Viterbo ancora parliamo del primo campo in sintetico, mentre dove lavoriamo noi ci saranno 100 campi da calcio perfetti. Quanti aerei ho preso? In due mesi più che in tutta la mia vita: le distanze qui sono impressionanti».
Lo sport però, come dimostra la storia di Maurizio Forti, può essere veicolo per colmare e annullare distanze culturali che sembrano inavvicinabili.
 

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