La Nato portatrice del male, della ferma volontà di indebolire la fede ortodossa e i suoi valori. Il Patriarca Kirill torna a farsi sentire contro l'Occidente e stavolta come bersaglio prende l'Alleanza Atlantica che 25 anni fa decise di intervenire in Kosovo. Il patriarca ortodosso di Mosca ha inviato una lettera al patriarca ortodosso serbo Porfirije offrendo un resconto assai parziare degli attacchi aerei della Nato sulla Jugoslavia, definendoli «un altro episodio rivelatore nell'eterna lotta contro la fede ortodossa» per distruggere un «grande stato slavo» e successivamente promuovendo e sostenendo il «separatismo nazionalista».
«Ovviamente, l'obiettivo principale degli aggressori era quello di strappare alla Serbia la sua provincia autonoma del Kosovo e Metohija - la terra che è la culla dell'ortodossia serba», ha sottolineato Kirill.
La missione della Nato è stata per anni al centro di continue polemiche poiché fu effettuata senza un mandato delle Nazioni Unite. La guerra del Kosovo è durata fino al 10 giugno 1999. Il governo jugoslavo ha parlato di 1.200 a 5.700 vittime civili a seguito degli attacchi aerei. Human Rights Watch ha stimato circa i 500 morti civili. Centinaia di migliaia di persone sono state costrette a lasciare le loro città e villaggi e la questione del Kosovo resta ancora sostanzialmente da risolvere.
Il Vaticano all'epoca cercò in ogni modo di evitare il conflitto. Prima organizzando un incontro tra i paesi coinvolti, poi andando a parlare personalmente con Milosevich. La missione fu affidata al cardinale francesce Jean Luis Tauran. Si trattò di un tentativo concordato direttamente con l'allora ministro degli Esteri, italiano Lamberto Dini. Nel frattempo in campo teologico le accademie cattoliche si interrogavano sulla giustezza morale o meno di quel conflitto innescato dalla pulizia etnica in Kosovo. Fu l'allora cardinale Camillo Ruini a offrire una sintesi di quei dibattiti teologici dicendo che la pulizia etnica e le bombe della Nato «non possono essere considerate sullo stesso piano: un conto è un’azione di guerra, un altro conto è la pulizia etnica, che presenta una maggiore gravità», tuttavia «preferirei non insistere sulla graduazione della malvagità di un’azione, ma auspicare la fine delle ostilità e il ritorno delle popolazioni espulse nelle loro terre, dove hanno il diritto di abitare».