Virus, catenine, fedi e cellulari dei morti Covid
appello di un figlio per riavere i ricordi di mamma

Virus, catenine, fedi e cellulari dei morti Covid appello di un figlio per riavere i ricordi di mamma
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Lunedì 26 Aprile 2021, 09:19 - Ultimo aggiornamento: 27 Aprile, 09:36

PERUGIA Al dramma per non aver potuto assistere il proprio congiunto malato di Covid, soprattutto nelle ore del distacco, per centinaia di famiglie se ne è aggiunto un altro : non riuscire a tornare in possesso degli effetti personali di chi non ce l ha fatta. A lanciare un appello accorato al Messaggero è Claudio, uno dei tanti figli cui il virus ha ucciso un genitore. Dice con una vena di commozione :“ Vorrei riavere almeno la fede e il cellulare di mia madre. Ho chiamato in ospedale ma ho avuto solo risposte generiche, spero che qualcuno mi ascolti”. In effetti è stato appurato che da mesi quei ricordi sono conservati in sacchi di plastica con tanto di nome della vittima della pandemia scritto con un pennarello. Sacchi accatastati nelle stanze dei reparti dell’ospedale di Perugia destinati ai pazienti colpiti da Covid. Sarebbero alcune centinaia, anche se un censimento non è stato fatto. Con altre questioni da risolvere, molti familiari non avrebbero ancora avanzato richieste di restituzione degli oggetti del paziente deceduto, ma non si può escludere che il timore che il virus sia ancora presente in quei contenitori di plastica faccia desistere dal riavere indumenti e oggetti utilizzati fino a poche ore prima della morte. Testimoni oculari riferiscono che in molte sacche ci sono cellulari di ogni genere, da quelli più datati agli smartphone di ultima generazione utilizzati dagli anziani , magari con l aiuto degli infermieri, per videochiamate con parenti ed amici. Chi ha vissuto il dramma dei familiari, racconta anche che tra pigiami e magliette ci sono anche anelli, catenine, orologi e in misura inferiore portafogli e carte di credito. Una restituzione dovrebbe avvenire dopo una bonifica e il successivo trasferimento dei sacchi in ambienti “puliti” , iniziando a contattare le famiglie, tramite i numeri di telefono raccolti al momento del ricovero. “ Mia madre dopo il ricovero in reparto é stata trasferita in Terapia intensiva, precisa Claudio, e mi è stato detto che anche lì ci sono tanti oggetti che devono essere riconsegnati ai parenti “. Dall’ospedale filtrano poche informazioni, anche se sarebbe opportuno rispondere ai tanti Claudio che in qualche modo vogliono onorare il proprio congiunto conservando oggetti di grande valore morale come anelli e catenine. Il numero in calo di ricoveri e il recupero di aree pulite aiuterà sicuramente a trovare una soluzione ad un problema con implicazioni legali. Viene da chiedersi come l’ospedale può disporre di oggetti di proprietà di terze persone senza uno specifico atto di donazione. La burocrazia appesantisce anche la gestione del post mortem di un congiunto. Dice un avvocato che assiste una famiglia che vuol capire come è stato curato il proprio congiunto: “ I miei assistiti hanno sollecitato la cartella clinica chiesta oltre due mesi fa, ma gli è stato risposto che gli uffici sono sotto pressione proprio per il numero elevato di istanze avanzate non solo per pazienti Covid”. Un diario clinico da dove non emergeranno motivi di contestazione, ma solo lo scrupolo dei sanitari nel somministrare terapie e verifica dei parametri vitali, un documento che può aiutare i parenti di chi non ce l ha fatta a fugare dubbi magari sorti dopo la speranza affiorata nei giorni di notizie confortanti.

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