Uscire dalla trappola
per tornare a vincere

Tommaso Bori, consigliere comunale Pd Perugia
di Tommaso Bori
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Mercoledì 26 Luglio 2017, 12:42 - Ultimo aggiornamento: 12:45

Ho letto con interesse le riflessioni del segretario regionale Giacomo Leonelli e della deputata Anna Ascani, alla vigilia del Congresso e delle importanti scadenze elettorali mi va di contribuire alla discussione dall’osservatorio privilegiato che ho sulla mia città.
A Perugia il Partito Democratico è ostaggio di una classica "trappola del sottosviluppo". Questa è l’immagine tagliente e visionaria evocata da Fabrizio Barca presentando il rapporto di Luoghi Idea(li). Secondo Barca nella nostra città si è raggiunto un equilibrio stagnante: dove le forze interne tendono a riprodurre l'esistente. Accettando lo status quo con rassegnazione. Le correnti si tengono in piedi l'una con l'altra attorno alla conservazione dell'esistente. E possono persino scavallare l'iniziale trauma di una sconfitta elettorale, per quanto clamorosa, e riproporre gli stessi nomi e gli stessi volti del passato. 

Come uscire dalla trappola? Compromessi al ribasso o faide interne, ora basta.
La crisi del Partito Democratico di Perugia e la conseguente sconfitta elettorale è un fenomeno che ha cause molteplici e complesse. Senza scendere in dettagli o minuzie, se ne può individuare agevolmente una delle principali macro-cause: le conflittualità di una rissosa classe dirigente sempre più scollata dalla realtà quotidiana e mal sopportata dai cittadini, che trovavano sfogo o in un compromesse al ribasso o in una faida interna.
Ne sono la plastica dimostrazione gli ultimi due congressi comunali del PD perugino. Privi di qualsivoglia contenuto politico e amministrativo, assente qualunque tipo di confronto sul piano delle idee e dei progetti, utili soltanto a pesature correntizie.
Alla luce di queste pratiche, al limite dell’autolesionismo, sentiamo la necessità di dire basta con metodi e contenuti che non condividiamo, cercando nel nostro piccolo di contribuire al cambiamento. Le divergenze fisiologiche in un grande partito come il nostro devono trovare soluzioni diverse, imparando a cooperare e progettare, non o a confliggere e competere o a scegliere l’ipotesi più anonima e addomesticata.

Occorre rigenerare un partito lacerato e sotto shock. Il lavoro di Barca ci consegna la radiografia di un partito sotto shock a seguito della crisi interna e della sconfitta elettorale. Alcuni dati utili che emergono dalla mappatura: negli ultimi tre anni il Partito Democratico di Perugia ha perso quasi il 40% degli iscritti (2122 nel 2013, 1423 nel 2014, 1281 nel 2015), il restringersi dei militanti si è accompagnato con il progressivo aumento dell’età media. Ad oggi il 50% degli iscritti ha più di 60 anni e soltanto il 7% è under-30.
I circoli del Pd sono le vere vittime di questa storia, più che i carnefici: metà di loro è senza sede e il numero è destinato a crescere per via della difficoltà a sostenere le spese di ordinaria amministrazione, il che porta gravi difficoltà di presenza nei territori. L’altra metà dei circoli apre la propria sede meno di una volta al mese e quasi esclusivamente per riunioni interne. Inoltre la maggior parte dei circoli è pressoché inattivo, chi propone iniziative ne fa in media una ogni 2 mesi e generalmente di natura elettorale. Trasformando, di fatto, i circoli da punti di riferimento territoriali in veri e propri comitati elettorali e tesserifici congressuali.
Da sottolineare alcuni passaggi chiave del report in cui si registra un gruppo dirigente “da anni passivo osservatore di questa situazione” e “la non-gestione ha lasciato campo libero alla deriva correntizia”. Per arrivare alla considerazione che colpisce di più e che riguarda le correnti: nel nostro territorio “sembra perdersi quel pudore che fa mantenere una situazione almeno formalmente democratica. Le componenti correntizie si riuniscono in sedi ufficiose, mantengono canali di informazione con gli iscritti, relazioni territoriali e istituzionali totalmente distinte dal Partito Democratico.”
Molte di queste sono cose note all’interno per Pd perugino, ma vederle nero su bianco può essere lo stimolo per iniziare un percorso di bonifica e risanamento: da scartare la soluzione, sempre disponibile e tentatrice, di negoziare con il nuovo potere una ripartizione di posizioni e ruoli. Imboccare, invece, la strada nuova di una vera concorrenza, da giocare attraverso un partito rinnovato e un nuovo protagonismo Unico antidoto per contrastare il correntismo che relega il ruolo dei iscritti a meri spettatori di decisioni prese in altre sedi.

E' necessario riformare il Pd: ripensare circoli ed organismi. Come registrato nel rapporto di Luoghi Idea(li) l’azione del partito è ormai fiaccata dalle lotte intestine e dalla sconfitta elettorale. Risulta, per questo, necessario un congresso anticipato nella nostra città, ma con tre pre-condizioni necessarie per non sprecare questa occasione che rischia di essere un punto di non ritorno.
Ripensare la presenza del Partito Democratico nella città di Perugia promuovendo la creazione di coordinamenti di area vasta fra più circoli, magari con una sede territoriale di riferimento ed incontro, e che hanno problematiche territoriali simili da affrontare. Va, in contemporanea, coltivato un processo di collaborazione fra circoli che vada a sostenere i più piccoli che, proprio per le dimensioni ridotte, non riescono più ad affermare la loro presenza e ad agire positivamente sul territorio.
Restituire agli organismi del Partito Democratico di Perugia l’autorevolezza e la dignità necessari per lanciare la costruzione di una nuova visione della città coinvolgendo sia la parte più attiva dei circoli, sia soggetti innovativi esterni che operano nei diversi settori della società. Per questo è imprescindibile cambiare la mentalità con cui si compongono l’Assemblea, la Direzione e la Segreteria comunali. Non più con logiche di cooptazione e spartizione, ma con scelte libere che premino capacità, competenze e merito.
Coinvolgere nei processi sul piano di merito e metodologico le energie intellettuali estranee alle vicende di potere della città, per far sì che collaborino alla rinascita dei progetti e delle idee del Partito democratico e del sistema dei circoli territoriali.

La palestra democratica per selezionare un gruppo dirigente nuovo, non inventato.
Si può uscire dalla trappola del sottosviluppo? Possiamo farcela, tutti insieme, se abbiamo una narrazione condivisa della città. Di una Perugia policentrica, che metta in sintonia con il centro storico, i quartieri, i paesi e le frazioni, a cui un piano strategico di idee e progetti nuovi ed innovativi può dare forma.  Una forte spinta a uscire dalla palude viene dai cambiamenti in atto nel contesto esterno - la disoccupazione giovanile e non solo, gli anziani desiderosi di contribuire e non solo di essere curati, le difficoltà quotidiane dell’impresa e del commercio, le migrazioni e la loro strumentalizzazione, la burocrazia delle amministrazioni, le necessità dell’impresa creativa e culturale, il nuovo artigianato e quello tradizionale, la personalizzazione delle preferenze dei consumatori ed, infine, le difficoltà di affermarsi come città universitaria e come meta turistica nel panorama nazionale ed internazionale- che innalzano il costo di non cambiare. La conservazione diventa sconveniente.
Le persone vogliono vedere il coraggio del cambiamento. I nostri concittadini ci chiedono idee nuove, energie nuove e volti nuovi. Ma, attenzione, non inventati.
Da questo passa anche il rilancio del Partito Democratico, oltre che della città di Perugia: segnalare in modo convincente e chiaro che la selezione di un nuovo gruppo dirigente avverrà all'interno di questo processo e, una volta completato, attraverso il lavoro dei circoli riformati e degli organismi rinnovati, autorevoli e credibili.
Tornare ad essere comunità e non solo tribù dipende soltanto da noi.

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