«L'umbria deve scuotersi
Progetti per crescere»

«L'umbria deve scuotersi Progetti per crescere»
di Marco Brunacci
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Mercoledì 19 Febbraio 2014, 22:19
PERUGIA - La crisi in Umbria? S, forse pi avvertita che altrove, s forse pi profonda e pronunciata in alcune zone, ma con caratteristiche che non sono diverse da quelle di altre aree d’Italia. E la ricetta per guarire la stessa. Parla Vanni Bovi, direttore generale della prima banca della regione, Casse di Risparmio dell’Umbria, lombardo di origine, torinese di adozione, giramondo come funzionario e dirigente, professionalit ad alto tasso di concretezza ed esperienze fatte sul campo.

Come se ne esce? «L’Umbria deve scuotersi, guardare in faccia alla realtà per scoprire che ha forza e vitalità per ripartire. Ma deve innovare, puntare sui settori ad alto valore aggiunto, su quelli del ”saper fare” che sono la forza del made in Umbria come del made in Italy. Deve cambiare mentalità e atteggiamento, la staticità uccide, bisogna essere dinamici, flessibili, capaci di sciogliere le vele al vento quando si alza. E di esempi positivi cominciano ad essercene diversi».

Lasci dire però che è curioso: le imprese chiedono al sistema del credito finanziamenti e hanno come risposta una proposta che è basata, come dire, sulla crescita culturale.«Perché lo trova curioso? La svolta viene da qui. Noi faremo la nostra parte, l’abbiamo fatto quando francamente era difficile vedere la luce in fondo al tunnel, tanto più lo faremo oggi che si intravedono movimenti, anche se non nei consumi interni, anche se non nel tenore di vita delle famiglie».



Sicuro, dottor Bovi, che una parte della malattia non sia il sistema del credito troppo tirato? Industriali umbri, soprattutto i più piccoli, insieme con centinaia di artigiani e commercianti, si lamentano: arrivano soldi col contagocce. «I numeri dell’Umbria non dicono questo. Il sistema del credito - e qui voglio affermarlo come membro del comitato dell’Abi umbro - è stato vicino al mondo delle imprese e alle famiglie in un contesto in cui le sofferenze sono quasi il doppio della media nazionale. Un dato sul quale tutti devono riflettere. Nonostante questo, il credito non si è sottratto alle responsabilità».

Una vulgata dice che i gruppi nazionali in particolare usano il credito umbro per finanziare iniziative altrove. «Falso. Totalmente falso».



«Un gruppo come il nostro, che ha Intesa Sanpaolo come riferimento, mette tutta la sua solidità e liquidità a sostegno del sistema Umbria. E i numeri non tradiscono. Anche nell’ultimo anno, il sistema bancario umbro ha investito molto di più rispetto di quanto raccolto nella regione. Casse di Risparmio dell’Umbria, d’altra parte, ha i due secoli di storia nel proprio dna, siamo la banca di riferimento per 200mila famiglie della regione, 19mila imprese con fatturato inferiore ai 2,5 milioni di euro e 3mila con fatturato superiore, abbiamo 120 punti operativi che gestiscono circa 5 miliardi di risparmio umbro, un quarto del Pil regionale. Per questo possiamo e vogliamo essere radicati profondamente sul territorio».



Guardi che lei ha messo in fila numeri che la condannano a una grossa responsabilità. «Le responsabilità ce le prendiamo tutte. Accettiamo perfino le sfide. Personalmente l’ho fatto in giro per il mondo. Lo faccio con piacere maggiore qui nell’Umbria che sento anche mia, che è quella dei nostri 850 dipendenti e solo io non sono umbro. Ma noi chiediamo ai nostri interlocutori di presentarci progetti sostenibili perché anche noi siamo impresa come loro. Il nostro mestiere è questo e vogliamo farlo bene per essere garanzia di tutti».



Economisti sostengono che il ”cavallo non beve”, che l’economia umbra non chiede alle banche se non per progetti ad alto rischio che servono solo a salvare il salvabile e qualche volta neanche quello. E’ anche la sua esperienza? «Come ho detto noi chiediamo progetti sostenibili. Spettano ad altri compiti diversi, come dire, più assistenziali. Ma sia ben chiaro che noi, come banca regionale radicata sul territorio, non ci siamo mai tirati indietro nel supporto alle attività in difficoltà quando il progetto consentiva un qualche margine di sostenibilità per l’azienda».



Abbiamo prima indicato la strada per la svolta culturale alle imprese umbre, ma una ricetta più puntuale? «Noi invitiamo le imprese a mettersi in rete, a darsi una prospettiva internazionale, le stimoliamo a riconvertirsi, chiediamo che facciano innovazione e pensino alla formazione dei dipendenti. E siamo disponibili, con tutta la nostra esperienza e i prodotti finanziari più adatti e innovativi che possiamo fornire, ad accompagnarli in questi percorsi. Esempi virtuosi di come si può giungere a risultati importanti in Umbria ci sono».

Proviamo a mettere in fila l’Umbria che va. «La meccatronica, l’aerospaziale, il tessile di alta gamma col distretto del grande cachemire, ma non solo, e il fasonismo di qualità. Poi ancora qualcosa della cosiddetta green economy. Senza dimenticare un settore come l’agroalimentare, che noi seguiamo con particolare attenzione, il quale ha mostrato una vitalità non comune».



Non è poco. E nel contempo però non è abbastanza. Come è possibile lasciarsi alle spalle le tossine peggiori di questa lunga crisi?«E’ il momento di andare dal generale al particolare. Casse dell’Umbria ha stretto un accordo con la finanziaria della Regione, Gepafin, e con altre organizzazioni di settore in favore delle pmi. Abbiamo insistito nel dire che vogliamo accompagnare l’impresa nella definizione delle strategie e delle complesse valutazioni da affrontare in questa fase di crisi. Abbiamo messo sul piatto pura liquidità ma anche proposte per investimenti che guardano all’export. Abbiamo detto che anche un intervento finanziario sul capitale dell’azienda può condizionare positivamente il rating aziendale, con evidenti benefici sul piano dell’accesso al credito. E segua anche quello che stiamo provando a fare partecipando all’iniziativa Pro Centro, nell’Alta valle del Tevere: l’idea è di unire le forze, con le associazioni di categoria, per trasformare le difficoltà del momento in occasione di cambiamento e di rilancio. Come vede l’impegno è a 360 gradi».



Pronti a ”fare sistema”? «Pronti, come sempre, a fare bene il nostro mestiere, pronti ad aiutare per investimenti che siano di rilancio».

Non avete progetti per guidare l’Umbria verso l’Expo 2015. «Abbiamo tutto quello serve, idee e strumenti, il gruppo Intesa Sanpaolo è il partner bancario esclusivo dell’Expo, ma aspettiamo di valutare specifici progetti. Siamo disponibili a mettere tutto il nostro know how a disposizione. E siamo disponibili a parlarne».



Uno dei guai dell’Umbria è il ritardo nelle infrastrutture. Per strade e ferrovie qui si dispera, ma per l’aeroporto, con finanziamenti adeguati, si potrebbe fare un salto di qualità. Siete disponibili? «Quando siamo stati coinvolti abbiamo dato il nostro contributo. All’interno del Gruppo ci sono specializzazioni preposte a valutare ed affiancare le attività di public finance che possiamo mettere a disposizione della società di gestione».



Un buco nero è rappresentato dai consumi. Le imprese stentano e le famiglie tirano la cinghia. «Abbiamo dati che dimostrano anche la contrazione delle vendite nella grande distribuzione low cost. Questo deve far riflettere, ma non deprimere. L’Umbria ha tante potenzialità per risollevarsi, occorre mettersi in gioco per ripartire e rinnovarsi».
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