L'Umbria e il lavoro, in 13mila hanno lasciato il posto fisso

Cambia il mondo del lavoro in Umbria
di Fabio Nucci
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 11 Maggio 2022, 07:27

PERUGIA Agognato come obiettivo di una vita, il posto fisso non è più un punto fermo nelle ambizioni dei lavoratori. Tra i 24mila addetti che nel 2021 in Umbria hanno lasciato volontariamente il lavoro, infatti, in 13mila erano titolari di un contratto a tempo indeterminato. Il fenomeno, che nella regione appare più marcato che in Italia, è stato analizzato nel focus Agenzia Umbria ricerche, “Dimissioni che crescono, lavori che cambiano”, realizzato da Elisabetta Tondini.
La ricerca utilizza i dati dell’Osservatorio Inps rielaborati dall’Aur. I numeri dicono che le dimissioni volontarie nel 2021 sono cresciute ancora e in modo più evidente che in altre regioni. Sono oltre 23.600 i lavoratori pubblici e privati che hanno lasciato volontariamente il lavoro, il 20% in più rispetto al 2019, ben oltre la media nazionale. «La crescita dal 2020 al 2021 (+6.700 dimissioni in Umbria) potrebbe aver incorporato il rinvio di decisioni maturate quando la crisi da Covid ha cambiato un po’ di carte in tavola – spiega Tondini - e spiegato il calo osservato nel 2020. E, ammettendo che pure i dati 2021 siano stati “inquinati” dagli abbandoni indotti dai datori di lavoro, è innegabile che il fenomeno, in decisa espansione, sottenda dell’altro». Condizioni precarie, retribuzioni in calo, relazioni lavorative deterioriate, burn-out, sono solo alcune delle spiegazioni alla base delle dimissioni che nel 55% dei casi hanno interessato “posti fissi”. «Nel 2021 gli abbandoni volontari sono stati la causa di quasi i tre quarti delle cessazioni dei rapporti a tempo indeterminato – spiega la ricercatrice Aur – e non si tratta di un fenomeno solo femminile». La propensione alle dimissioni, infatti, cresce a ritmi più intensi per la componente maschile, 35,8 e 27,2% considerando il totale dei contratti. «È probabile che, specie tra i giovani, abbia cominciato a farsi strada con più forza il motto “si vive una volta sola” – aggiunge Tondini - che spinge alla ricerca di occupazioni più flessibili e più consone a nuovi equilibri tra lavoro e vita privata, sperimentati ampiamente e in modo prolungato con lo smart working». Anche se il tasso di crescita delle dimissioni dal 2019 al 2021 è aumentato con l’età, il fenomeno è più presente tra gli under 30 mentre assume valori più bassi tra gli over 50. «Nel 2021 tra i tempi indeterminati dei più giovani – aggiunge la ricercatrice Aur – anche se si tratta di numeri esigui le cessazioni di lavoro in 82 casi su 100 (78 in Italia) sono da attribuire a dimissioni».
Quanto ai settori, i dati dell’Osservatorio Inps, che non comprende l’agricoltura, indicano che gli abbandoni sono trasversali, ma rispetto al dato nazionale, si evidenzia una maggiore concentrazione su commercio, riparazione auto e moto, traporti e magazzinaggio, alloggio e ristorazione, costruzioni, attività professionali.

Il fenomeno interessa meno, invece, settore pubblico, turismo, attività artistiche e di intrattenimento, e il comparto riparazioni. «L’abbandono volontario del lavoro non risparmia nessuno – evidenzia Elisabetta Tondini – e volendo cogliere caratteri e motivazioni, per l’Umbria la più importante sembra essere la ricerca di condizioni economiche più favorevoli, visti i livelli retributivi del lavoro strutturalmente inferiori alla media nazionale». Nel frattempo, dalla “grande rassegnazione” si sta passando al “grande rimescolamento”. «Il mercato è segnato da numerosi spostamenti da un lavoro all’altro e anche in Umbria chi si è dimesso ha trovato una nuova occupazione più rapidamente e più frequentemente rispetto al pre-Covid, con migrazioni verso professioni e settori diversi da quelli di provenienza». Sullo sfondo, l’effetto-sussidi che ha spinto molti beneficiari a preferire il tempo libero a un lavoro non soddisfacente e sottopagato. «È prematuro inquadrare la crescita delle dimissioni come l’avvio di una trasformazione del tradizionale approccio al lavoro – conclude Tondini – ma è certo che il mercato si è rianimato, è più dinamico e fluido e certi segnali non vanno sottovalutati».

© RIPRODUZIONE RISERVATA