Spoleto, nuovi medici per il Covid Hospital ma resta il giallo dei numeri

L'ingresso del Covid Hospital di Spoleto
di Ilaria Bosi
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Venerdì 11 Dicembre 2020, 11:01 - Ultimo aggiornamento: 12:37

SPOLETO - Ospedale Covid, arrivati i primi medici specializzati, ma resta il giallo dei numeri. È quanto emerso nel corso della Commissione consiliare Sanità tornata a riunirsi giovedì, su iniziativa della presidente Marina Morelli. Secondo quanto annunciato dal dottor Mario Mancini e confermato dalla collega Paola Vittoria Santirosi, al Covid Hospital di Spoleto hanno già preso servizio due pneumologi e un infettivologo. Un secondo medico specializzato in malattie infettive arriverà nei prossimi giorni, così come un terzo pneumologo. Il reclutamento è frutto di un percorso - ha evidenziato la Santirosi - avviato più di un mese fa. A breve, è stato quindi sottolineato, prenderà servizio anche un quarto pneumologo, lo spoletino Luigi Frigieri, che il San Matteo dovrà però condividere con l'ospedale di Pantalla.

IL GIALLO DEI DATI

Se sul fronte del personale qualcosa inizia a muoversi, sono i dati ufficiali a presentare ancora qualche anomalia. Nell’ospedale di Spoleto, infatti, risultano ora attivi 80 posti letto (altri 15 saranno presto disponibili in quella che diventerà, al terzo piano, la Medicina 3). Questi 80 posti letto sono di fatto quasi tutti occupati, ma se si consulta la dashboard regionale, i ricoveri conteggiati sono appena 39, di cui 14 in terapia intensiva (dato di giovedì, ndr). Una lettura che autorizzerebbe a considerare la disponibilità di altri 41 posti letto, ma così non è. L’arcano è stato in parte risolto di recente, ma resta ancora da chiarire la logica di questi conteggi. I 40 posti letto che per la Regione sono «attivi» (ma nella dashboard risultano liberi) e che rappresentano il 50 per cento dell’attuale capacità ricettiva dell’ospedale, sono in realtà occupati dagli ospiti delle Rsa Covid, che hanno preso i due piani di quella che prima della riconfigurazione del San Matteo era la Chirurgia.

Il motivo? Secondo la risposta a mezza bocca fornita da alcuni dirigenti Asl, i dati dei pazienti Rsa non compaiono in dashboard perché «le Rsa sono in carico al territorio». Quindi, ricapitolando:  i pazienti, pur occupando quelli che vengono conteggiati ufficialmente come posti letto «attivi» nell'ospedale covid, non risultano poi contemplati nei dati ufficiali dei «ricoveri». Inutile evidenziare che la discordanza è notevole: si tratta infatti di uno scostamento di 40 unità, che incide inevitabilmente sul tasso di occupazione (e forse anche sulla funzionalità) dell’ospedale covid e che rischia anche di confondere le risorse, tra quelle destinate al presidio ospedaliero e quelle destinate alla medicina di territorio. Viene da chiedersi: le Rsa covid, che ospitano lungo degenze, non potrebbero essere collocate in spazi di territorio (Covid Hotel?) senza far venir meno ai pazienti i doverosi livelli di assistenza e di cura? Sì, secondo alcuni addetti ai lavori, ma sul punto si attendono ancora chiarimenti dalla Asl o dalla Regione. Spostando in ambienti comunque consoni e dignitosi i pazienti delle Rsa (si tratta di soggetti deboli, positivi, provenienti dal tutte le strutture regionali), in ospedale potrebbero rendersi effettivamente disponibili circa quaranta posti letto (occupati di fatto, ma non sulla carta) da destinare agli acuti. Rendendo così quanto meno più ragionevole (condivisibile o meno), la scelta di sacrificare tutti i reparti di degenza - che servivano un bacino di circa  60mila persone - in favore della completa riconfigurazione di Spoleto in ospedale covid. In sintesi: se si è scelto di destinarlo esclusivamente ai pazienti affetti da coronavirus, perchè non sfruttarne almeno appieno le potenzialità e le caratteristiche, cercando così di ottimizzare le risorse?

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