Terni, in ospedale badante minaccia la collega: «Qui comando io, ti ammazzo». A processo

Terni, in ospedale badante minaccia la collega: «Qui comando io, ti ammazzo». A processo
di Nicoletta Gigli
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Sabato 12 Marzo 2022, 04:00

TERNI - “Allora non hai capito, io sono 16 anni che lavoro qua dentro e sono la padrona dell’ospedale, smettila che io ti ammazzo”.

La pesante minaccia, per l’accusa sostenuta dal pm, Marco Stramaglia, va in scena in uno dei reparti dell’ospedale.

E’ gennaio 2017. Una badante albanese di 40 anni si sarebbe rivolta così ad una collega ucraina di 63 anni accusata di aver occupato un posto che non le spettava.

Il mese seguente, secondo quanto ricostruito nelle carte su cui si basa il rinvio a giudizio della quarantenne, la donna sarebbe tornata a minacciare l’altra badante che stava assistendo un paziente ricoverato e che sarebbe stata costretta ad interrompere la prestazione lavorativa: “Perché tu raccogli le firme delle assistenti? Io ti firmo con il coltello, se non la smetti subito io ti ammazzo, ti mando i miei nipoti”.

La vicenda è diventata un processo penale che però, a seguito di irregolarità riscontrate dall’avvocato Giacomo Marini, che assisteva la donna, fu interrotto nei mesi scorsi.

Le carte furono rimesse al sostituto procuratore, Stramaglia, che ha dovuto ricominciare il processo da capo.

La donna, accusata di violenza privata e minaccia aggravata, comparirà di fronte al giudice monocratico, Chiara Mastracchio, il 9 maggio.

In aula tornerà un episodio che, per l’accusa,  avrebbe avuto origine dalla “volontà di ostacolare l’attività di assistenza ospedaliera svolta da altre professioniste all’interno dell’ospedale Santa Maria”. Uno dei tanti episodi raccontati dal Messaggero dopo le denunce di alcune badanti, che sostenevano come tra i reparti ci fosse una sorta di monopolio nella gestione delle assistenze a pagamento.

Una “guerra” all’ultimo sangue, così rappresentata tre anni fa da dodici badanti che denunciarono tutto in procura, combattuta sulla pelle di anziani malati per accaparrarsi la parte grossa del guadagno lasciando alle altre le briciole.

Il caso fu sollevato da una donna che aveva l’anziana mamma ricoverata.

Che scoprì di aver affidato la sera la madre ad una badante certificata e autorizzata e la mattina dopo, a fianco dell’anziana, trovò un’altra persona pagata in nero. La donna denunciò quella sorta di subappalto del lavoro appena parente chiedendo di fare chiarezza.

La badante, che tornerà in aula a maggio per rispondere delle accuse di violenza e minaccia nei confronti della collega ucraina, due anni fa fu condannata in primo grado dal tribunale di Terni per il furto di una carta di credito, con cui avrebbe prelevato contanti, e di denaro compiuto nell’appartamento di un anziano che assisteva.

Nel novembre scorso il processo in appello, con i giudici che, su richiesta della difesa sostenuta dall’avvocato Giacomo Marini, avevano ridotto la pena a dieci mesi.  

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