Terni. Capire gli atti giudiziari è un diritto: magistrati e avvocati a convegno sul linguaggio

Terni. Capire gli atti giudiziari è un diritto: magistrati e avvocati a convegno sul linguaggio
di Nicoletta Gigli
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Giovedì 27 Aprile 2023, 22:38 - Ultimo aggiornamento: 28 Aprile, 00:40

TERNI - «La chiarezza e la sinteticità degli atti giudiziari sono fondamentali e c’è una stretta correlazione tra la chiarezza del testo e la comprensibilità della decisone. L’esame di oltre 1500 provvedimenti in materia di diritto di famiglia e affidamento dei minori mi ha convinto che l’utilizzo di un linguaggio distorto e una scarsa attenzione al rigore della motivazione possano recare serio pregiudizio ai diritti da tutelare».

Lo ha detto la presidente del tribunale di Terni, Monica Velletti intervenendo al primo dei tre incontri che si terranno in Umbria sul tema “Il linguaggio degli atti giudiziari e del processo”. Ad organizzarli la procura generale di Perugia e l’osservatorio sul linguaggio dei provvedimenti giudiziari, in collaborazione con gli ordini degli avvocati di Perugia, Spoleto e Terni.

Obiettivo è contrastare l'uso di un linguaggio inadeguato ed espressivo di pregiudizi di genere.

«L’iniziativa - spiega in una nota il procuratore generale, Sergio Sottani - è stata l’occasione per presentare, ai magistrati requirenti e giudicanti e agli avvocati del circondario di Terni, il lavoro dell’osservatorio anche per sensibilizzare e avviare una riflessione sul tema del linguaggio degli atti giudiziari e del processo».

Ad aprire l’incontro la sostituta procuratrice, Elena Neri, che ha richiamato l’attenzione sulla stretta connessione tra la motivazione dei provvedimenti giudiziari e la comprensibilità della decisione per le parti quale presupposto anche per un effettivo esercizio del diritto di difesa nell’eventuale fase di impugnazione.

«Il linguaggio dei provvedimenti giudiziari - ha detto Elena Neri - dovrebbe rifuggire da quella che Italo Calvino chiamava “l’antilingua”, quella modalità espressiva lontana dalla lingua comune che predilige tecnicismi inutilmente involuti e ricorre a formule lessicali fossilizzate. Dovrebbe invece prediligere espressioni sintetiche e uno stile sobrio, scevro da espressioni sarcastiche o ironiche - ha precisato la pm - e dall’utilizzo di aggettivi o qualificazioni non funzionali a dar conto delle ragioni sottese alla decisione adottata».

Durante l’incontro che si è svolto a palazzo di giustizia è stato sottolineato come il tema della chiarezza degli atti processuali sia da tempo patrimonio della cultura giurisdizionale e sia disciplinato anche dal protocollo d’ intesa tra il Csm ed il Consiglio nazionale forense.

Per la presidente, Monica Velletti, «il tema della correttezza del linguaggio deve costituire un monito anche per gli ausiliari ed i consulenti del giudice che, specie nella materia del diritto di famiglia, talvolta utilizzano espressioni prive di un reale significato e disancorate da specifici elementi processuali o da una solida base scientifica. Si pensi - ha aggiunto la presidente del tribunale - all’espressione “sindrome madre malevola” utilizzata in alcune consulenze tecniche».

I prossimi incontri dell’osservatorio si terranno al tribunale di Spoleto il 25 maggio e a Perugia il 14 giugno.

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