Terni, interruzioni volontarie di gravidanza negate: si apre uno spiraglio
Toschi (Udi): «Solo una scusa lo stop per motivi di sicurezza»

Terni, interruzioni volontarie di gravidanza negate: si apre uno spiraglio Toschi (Udi): «Solo una scusa lo stop per motivi di sicurezza»
di Francesca Tomassini
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Giovedì 6 Gennaio 2022, 09:17

Interruzione volontaria di gravidanza, si apre uno spiraglio su un percorso che rimane ad ostacoli. Ieri, la Regione ha deliberato il ripristino della Ivg chirurgica e l'introduzione, per la prima volta presso l'ospedale di Terni, di quella famacologica.

Un provvedimento che dovrebbe diventare operativo intorno alla metà di gennaio e che riporta in primo piano una questione, quella dell'Ivg in Umbria, che alle donne continua a dare filo da torcere. Infatti se da un lato, obtorto collo, dopo manifestazioni di piazza e violente polemiche solo nel dicembre 2020 la Regione si era adeguata alle linee guida ministeriali, Ivg farmacologica senza ricovero ospedaliero fino alla nona settimana, dall'altro, sull'onda delle difficoltà prodotte dalla pandemia, la procedura non ha mai effettivamente preso il via a causa di una sospensione generale del servizio, in primis quello chirurgico, per "motivi di sicurezza".

Un provvedimento che in tutti questi mesi ha costretto le donne residenti in Umbria a rinunciare ad interrompere gravidanze non desiderate oppure ad iniziare un vero e proprio pellegrinaggio verso strutture disponibili ma distanti rispetto alla zona di residenza, ad oggi su tutta la Provincia di Terni si può effettuare la procedura solo all'ospedale di Orvieto, o addirittura verso altre fuori regione. «I "problemi di sicurezza" addotti per sospendere gli aborti sono una scusa -sbotta Marina Toschi ginecologa umbra, presidente dell’Unione donne italiane (Udi)- se, come tra l'altro raccomandato dalle linee guida, si potenziasse e si affidasse ai consultori l'attività di somministrazione della ru486, automaticamente si alleggerirebbe il carico sugli ospedali. Sulla nuova delibera regionale bene, ma vigileremo attentamente per far si che alle parole corrispondano fatti». A pesare sulla bilancia, rimane la questione della percentuale di medici non obiettori in servizio nei vari ospedali del territorio.

Solo tre ginecologi, secondo fonti attendibili, all'ospedale di Terni, e un unico anestesista in procinto di andare in pensione all'ospedale di Narni che quindi, nonostante la delibera regionale per ora rimarrà, giocoforza, orfano del servizio.

Numeri che mettono una pesante ipoteca sulle tempistiche utili per intervenire, fisiologicamente non procrastinabili, e che in alcuni casi costringono le donne a scegliere percorsi che possono mettere a rischio la loro salute.

«Terni è un ospedale universitario - precisa ancora Toschi- ed è inconcepibile che negli ultimi anni siano usciti dalla specializzazione medici che non hanno idea di come si pratichi un aborto chirurgico o farmacologico». Un problema quello dell'esiguo numero di medici non obiettori che nel ternano è di vecchia data. «Quando sono entrato in ospedale nel 1978 -racconta il dottor Quintino Rozzi, chirurgo del Santa Maria in pensione dal 2018- ho dato subito la mia disponibilità ad effettuare la procedura. All'inizio eravamo un gruppo abbastanza nutrito di colleghi, poi col tempo sono rimasto solo io. Mi ricordo che negli anni Settanta solo a Terni facevamo anche 2000 interventi al mese. Le donne venivano da tutta la Provincia, anche da fuori regione. Qualcuna anche da Milano. Poi con la diffusione degli anticoncezionali i numeri sono diminuiti, fino agli ultimi anni in cui ho lavorato, quando ne facevo circa un centinaio al mese». 

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