Aborto

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Aborto, cos'è e come funziona l'interruzione volontaria di gravidanza

In Italia qulasiasi donna può abortire, cioè può richiedere l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari. Dal 1978 questo intervento è regolato dalla legge 194, “Norme per la tutela della maternità e sull'interruzione volontaria di gravidanza”, che sancisce le modalità del ricorso all’aborto volontario. L’intervento può essere effettuato presso le strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale e le strutture private convenzionate e autorizzate dalle Regioni.

 L’Ivg può essere praticata dopo i primi 90 giorni quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna, oppure quando siano state accertate gravi anomalie del feto che potrebbero danneggiare la salute psicofisica della donna. In entrambi i casi, lo stato patologico deve essere accertato e documentato da un medico del servizio ostetrico e ginecologico che pratica l’intervento, che può avvalersi della collaborazione di specialisti.

 La richiesta di Ivg è effettuata personalmente dalla donna. Nel caso delle minorenni, è necessario l’assenso da parte di chi esercita la potestà o la tutela. Tuttavia se, entro i primi 90 giorni, chi esercita la potestà o la tutela è difficilmente consultabile o si rifiuta di dare l’assenso, è possibile ricorrere al giudice tutelare. Nel caso in cui la donna sia stata interdetta per infermità di mente, la richiesta di intervento deve essere fatta anche dal suo tutore o dal marito, che non sia legalmente separato.
 
La legge indica chiaramente che l’interruzione volontaria della gravidanza non è un mezzo per il controllo delle nascite. Pertanto, il medico che esegue l’intervento è tenuto a fornire alla donna tutte le informazioni e le indicazioni sulla regolazione delle nascite, oltre che sui procedimenti abortivi. La legge prevede che ogni anno il ministro della Salute presenti al Parlamento una relazione sul fenomeno dell’Ivg in Italia, che comprenda anche gli aspetti della prevenzione. I dati sono attualmente raccolti, analizzati e pubblicati dall’Istituto superiore di sanità (Sistema di sorveglianza epidemiologica), dal ministero della Salute e dall’Istat. Per favorire la diffusione delle informazioni, la relazione viene trasmessa alle Regioni, a cui si raccomanda di organizzare incontri per gli operatori sanitari per discutere il quadro epidemiologico e formulare proposte operative alla luce dei dati e delle raccomandazioni nazionali.

L’aborto può essere effettuato con il metodo chirurgico o con il metodo farmacologico.

Il metodo chirurgico viene eseguito generalmente dalla settima alla 14-15 settimana e prevede il ricovero in day-hospital. Consiste nell’aspirazione della camera gestazionale, o isterosuzione, in anestesia locale, con o senza sedazione, o in anestesia generale. Il raschiamento è gravato da maggiori complicazioni rispetto all’isterosuzione e non dovrebbe essere eseguito se non in rarissimi casi particolari.

Per l’aborto farmacologico si utilizzano due farmaci, il mifepristone, più noto come RU486, e una prostaglandina, il misoprostolo. È una procedura altamente sicura ed efficace, che può essere eseguita in regime ambulatoriale oppure in ospedale, in regime di ricovero di day-hospital.

Sia prima sia dopo il novantesimo giorno, per accedere all’interruzione di gravidanza (IVG) la donna deve rivolgersi a un medico (del consultorio o anche un medico di sua fiducia), che deve redigere un documento attestante la richiesta della donna. Il documento (certificato, se il medico attesta l’urgenza della procedura) è indispensabile per accedere all’IVG.

L'Associazione Luca Coscioni ha svolto un'indagine sull'applicazione della legge 194 e ha eseguito una richiesta di accesso civico generalizzato alle singole ASL e ai presidi ospedalieri chiedendo i numeri che riguardano ogni struttura sanitaria. Ha scoperto che ci sarebbero almeno una settantina di ospedali che hanno tra l’80 e il 100% di obiettori di coscienza tra il personale (ginecologi, anestesisti, personale non medico).

Articolo 9, cos'è

L'articolo 9 della legge 194 disciplina l'obiezione di coscienza: "Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l'interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dello obiettore deve essere comunicata al medico provinciale e, nel caso di personale dipendente dell'ospedale o dalla casa di cura, anche al direttore sanitario, entro un mese dall'entrata in vigore della presente legge o dal conseguimento dell'abilitazione o dall'assunzione presso un ente tenuto a fornire prestazioni dirette alla interruzione della gravidanza o dalla stipulazione di una convenzione con enti previdenziali che comporti l'esecuzione di tali prestazioni".

“L'obiezione di coscienza - recita ancora la norma - esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l'interruzione della gravidanza, e non dall'assistenza antecedente e conseguente all'intervento.
Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l'espletamento delle procedure previste dall'articolo 7 e l'effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla e garantisce l'attuazione anche attraverso la mobilità del personale". 


Secondo la legge 194, i consultori familiari (istituiti dalla legge 405 del 1975) hanno un ruolo fondamentale nell'assistenza alle donne che decidono di ricorrere all’Ivg. Anche il Progetto obiettivo materno infantile (Pomi), adottato nel 2000, assegna un ruolo strategico centrale ai consultori familiari nella promozione e tutela della salute della donna e dell’età evolutiva. I consultori, che sono strutture specificamente deputate alla promozione della salute riproduttiva, hanno infatti tra i loro compiti:
  • informare la donna sui propri diritti e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali offerti dalle strutture che operano sul territorio
  • informare la donna sulle norme che tutelano le gestanti nel luogo di lavoro
  • contribuire a far superare le cause che potrebbero indurre la donna a interrompere la gravidanza
  • fornire alla donna che abbia deciso di interrompere la gravidanza il documento/certificato necessario per l’intervento o indicare altre strutture dove poterlo ottenere
  • fornire alla donna le informazioni necessarie riguardanti le strutture territoriali dove ottenere l’intervento ed eventualmente sulle tecniche utilizzate.

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