Grazie Sergio per averci regalato
i sogni migliori

Grazie Sergio per averci regalato i sogni migliori
di Italo Carmignani
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Giovedì 12 Giugno 2014, 14:04 - Ultimo aggiornamento: 17:15
PERUGIA - ​Quando uno ti porta Bruce Springsteen sotto la porta di casa, come se fosse un simpatico garzone del latte e non il pi grande rocker del mondo, o Patty Smith tra le gradinate del Santa Giuliana, facendo diventare uno stadio grigiotriste l'angolo poetico del Greenwich, poi non pu morire in un furgone bianco addolcito da una pietosa croce rossa senza neanche un'autoradio accesa.

Con il cuore sempre in fuga, Sergio Piazzoli, musica nel cilindro, anima nei camerini, notti infinite di caffé e aspirine, di pianti e risate, di fortuna e soda caustica, di luci da stadio, di sudori nel linoleum palasportivo, è stato stritolato da un battito impazzito, l'unico che non ha convinto a tornare sul palco per il bis.Era alto, ma tutti gli dicevano Sergino, convinti restasse giovane come quella musica portata nella città di pietra etrusca, difficile e diffidente che c'ha messo dieci anni per digerire Umbria Jazz e poi non poterne fare più a meno. Dal cilindro di quel ragazzo cresciuto a Elce, il quartiere sempre in bilico tra diventare centro storico o il suo opposto, uscì Rockin' Umbria, la sua creatura più felice e bizzosa. Era il millenovecentottantatré, cosi lontano quanto ci vuole a pronunciarlo per esteso, e arrivarono i Litfiba. Erano nessuno e per suonare volevano 300mila lire, centocinquanta euro, una cena per quattro. Era l'83 e Piazzoli, giovanissimo, non aveva solo sbarcato il rock dalle parti di una regione permalosa e stonata, ma dimostrato ai grandi troppo impegnati con la signora Uj, che Memphis non era dall'altra parte della luna.



C'è chi sdogana l'impresentabile della politica, e chi come Sergio inoltra la frontiera del suono. Come tutto il mondo riconosce al signor Robert Allen Zimmerman, alias Bob Dylan, la celebrazione delle idee di tre generazioni, così Piazzoli portò in un prato a Perugia quel retrogusto di poesia Beat e protesta studentesca di mister “Blowing in the wind” con il sorriso universale di chi era arrivato al confine della notte. Troppo lungo raccontare chi e cosa sia riuscito a trascinare Sergio all'ombra di San Costanzo, perché vengono in mente musical scintillanti, tanghi di labbra rosse e tramonti di arpe annegati lungo il profilo dell'isola Maggiore. E sarebbe facile raccontare fosse l'assoluta bontà, perché solo con un carattere feroce e testardo riesci a spostare l'America. Regista perfetto, sguaiato nelle camicie, fantasioso nei cappelli e scrupoloso nei dettagli, non a caso Piazzoli era nato il 14 giugno, come il comandante Che Guevara. Ciao amico Sergio, c'hai dato i sogni della musica. Ogni tanto dacci un La del tuo sorriso imperdonabile. Anche da lassù.





LA SEGNALAZIONE

Tanti gli amici che hanno ricordato Sergio, mentre la compagna Patrizia (assistita dall'avvocato Sandro Picchiarelli) ha segnalato ai carabinieri quelli che, a suo dire, sarebbero stati i problemi durante i soccorsi a Sergio dopo il malore di mercoledì mattina. Il pm Massimo Casucci deciderà nel pomeriggio il da farsi, mentre è stata bloccata l'autopsia. Rinviati quindi, per ora, camera ardente e funerale.



Di seguito, la lettera di una delle "creature" di Sergio Piazzoli, quel Vinicio Capossela scoperto anni fa proprio dal patron della Musical box eventi:



«C'è qualcosa , e in certe persone in particolare, che conserva vivo il ragazzino che è in noi. Quel gusto per l'avventura , l'attrazione e la paura delle batoste,l 'infiammazione dell'entusiasmo , l' abbattimento repentino, il rialzarsi dopo essere caduti dalla bicicletta, l'immaginazione che si accende intorno alle figurine. Qualcosa in noi che mantiene in vita il ragazzino . Forse è per questo che gli adulti parlano così tanto di calcio o lasciano tutto per seguire i mondiali, perchè danno libero spazio al ragazzino che hanno dentro .Che fantastica intorno a nomi e finte e gesta, a spasso tra la storia e la geografia. Così alcuni vivono anche la musica , che in molte lingue infatti usa lo stesso verbo " play", giocare, per descrivere l'azione,



In Sergio Piazzoli ho sempre visto questa luce negli occhi , nel parlare di musica. La luce del " to play". E' la luce che ci sottrae alla dittatura dell'Utile , e dell'Attualità. La luce che si impara a leggere negli occhi quando si inizia ad andare a provare col gruppo in cantina, o da soli con uno strumento in mano, e poi si va a giocare a pallone, o a ragazze. Conservare quella luce in età adulta , in un mondo in cui " si sbaglia da professionisti" , e' un dono raro . Soprattutto se non si fa il musicista ma il promoter musicale. Quella figura cioè che mette in relazione musica e mercato. Una figura spesso appannaggio di mercanti, ma molto importante per arricchire o impoverire il mondo . Un buon promoter può investire su uno spettacolo oppure su un altro , spesso scommette di proprio per proporre artisti in cui crede, e rischia. Un promoter può aggiungere un po di grazia al mondo oppure un po di abbrutimento . Deve avere il fiuto per scovare gli artisti quando ancora non sono importanti e hanno cachet accessibili, e portare, per esempio , un giovane Ben Harper al Teatro Morlacchi. Deve conoscere e amare la musica per farla conoscere ed amare al pubblico . Un buon promoter completa il lavoro di un artista . E' un lavoro oscuro che non raccoglie la gloria dell'applauso , ma il pubblico deve molto al promoter quando assiste a un buon spettacolo, e spesso non lo sa.



Sergio Piazzoli ha regalato in più di trent'anni molte perle al pubblico della sua regione. Ha mantenuto viva una scena musicale , ha permesso a molti di incontrarsi, di conoscere.



Ha soprattutto donato e contagiato quella luce del gioco, dell'entusiasmo, ed ora siamo in molti a sentire un angoscia profonda , un grande vuoto , un dolore cupo. E' come d'improvviso avere perso il pallone per giocare , come perdere la stagione dell'innocenza, la stagione dell'amicizia. Quando le cose si scambiano per il piacere di arricchire gli altri. Sergio Piazzoli e' stato molto generoso con noi tutti , così generoso da non riuscire ad esserlo anche con se stesso.



E questo aumenta il dolore e la ribellione a questa sua scomparsa così ingiusta, la ribellione allo scandalo della morte. Scrivo queste righe non per ricordarlo, ma per presentare un amico fraterno a chi ancora lo conoscesse poco e per parlare del lavoro che così tanto ha amato.



Vinicio Capossela. 11 giugno 2014. Brutta giornata».
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