«Mio figlio morto di overdose per i ritardi del sistema». A Perugia la storia di Vincenzo, i posti che mancano e quell'indirizzo beffa

Vincenzo Pugliese, morto a 22 anni per un'overdose
di Egle Priolo
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Giovedì 16 Novembre 2023, 06:30 - Ultimo aggiornamento: 16:34

PERUGIA - «Ci hanno abbandonato. Hanno abbandonato Vincenzo. Ora lui è morto e io voglio solo sapere perché». Vincenzo Pugliese non aveva nemmeno 22 anni quando, il 9 giugno scorso, è stato trovato senza vita per un'overdose, mix di psicofarmaci e dose letale di metadone. Una storia triste come tante? Di quelle che una volta aprivano i giornali e ora meritano un trafiletto in cronaca? Forse no. Perché nella disperazione e nello sgomento di ogni racconto di vite strappate dagli eccessi, dai mostri di polvere bianca che agitano la mente di chi soffre di dipendenze, forse Vincenzo merita – a quasi sei mesi dalla morte – un ricordo diverso. «Perché Vincenzo voleva uscirne, Vincenzo voleva tornare a una vita normale. Vincenzo voleva andare in comunità e curarsi. Ma non ci è mai entrato».

A parlare è Antonella Scelzo, una madre distrutta dal dolore. Non solo per la perdita di un figlio adorato, ma per un sistema che in qualche modo non ha funzionato: «E io ora voglio sapere perché». La vita del figlio, raccontato dagli ex professori come «intelligente e tra i più brillanti della classe», adesso è tutta nei suoi occhi bagnati: la si vede scorrere tra le lacrime, tra tante gioie passate ed episodi di violenza e disperazione. Ma è soprattutto racchiusa in una busta che fa male solo a guardarla. È una shopper rossa in tessuto con su scritto Merry Christmas, di quelle natalizie che di solito mettono allegria e fanno pensare alle feste e ai canti dei bambini. Lì dentro, invece, infilata in ordine in quel mobile della sala che ospita una foto di Vincenzo, con la mamma e il fratello quando erano felici, c'è tutta la vita di un ragazzo promettente che un disagio psicologico ha portato alla dipendenza. «Dal 2018, da quando aveva solo 17 anni – racconta Antonella -, Vincenzo ha iniziato a essere seguito dal Centro di salute mentale. È del 2021 il suo primo ricovero in psichiatria: alle dimissioni gli venne diagnosticato un disturbo ciclotimico e un disturbo della personalità». Disturbi, poi classificati come bordeline, che lo hanno portato ad abusare di sostanze stupefacenti, dai cannabinoidi all'eroina, in un crescendo arrivato alla polidipendenza, all'autolesionismo ma anche alla violenza in casa. Perché la dose trovata per strada, complici pure «le cattive amicizie», non bastava mai.

I soldi non bastavano mai. E così Vincenzo, prima pacato e allegro, è diventato cattivo. Ed è qui che il racconto di mamma Antonella diventa davvero drammatico. «Sono stata costretta a denunciarlo. Io mamma che denuncio mio figlio. Volevo solo aiutarlo», racconta tra singhiozzi senza pace.

Antonella va dai carabinieri e parla di comportamenti «aggressivi e alterati». È ottobre 2022 e ai primi di novembre il ragazzo viene allontanato da casa. Nell'ordinanza il giudice scrive che «il servizio specialistico psichiatrico che ha in cura il Pugliese provvederà con la massima sollecitudine a richiedere l'inserimento dello stesso presso la Comunità (…) ove lo stesso dovrà fare ingresso in regime di libertà vigilata». Un richiamo così netto che persino il pubblico ministero che gli notifica l'avviso di conclusione indagini, ad aprile 2023, lo sa «attualmente dimorante» in quella struttura umbra. E invece Vincenzo, dal novembre precedente, è ancora in casa dei nonni ultraottantenni a San Sisto. Troppo anziani per aiutarlo, troppo stanchi per poterlo contenere. Tanto che è la stessa Antonella ad accompagnarlo alle visite, contravvenendo a una disposizione a sua tutela, o a controllare che proseguisse la terapia farmacologica. Ma soprattutto a chiamare chiunque potesse trovargli una sistemazione. «Per mesi siamo stati rimbalzati tra uffici e strutture, ma niente. Per lui non c'era posto». Finché è lo stesso Vincenzo (che già in udienza aveva «manifestato – ricostruisce il giudice – il proprio convinto interesse ad entrare quanto prima in comunità») a contattare una struttura nello Spoletino. Data di ingresso fissata al 12 giugno. Peccato che il dolore e la crisi d'astinenza, la voglia di mettere a tacere quei mostri che aveva in testa, lo portano lungo le strade di Fontivegge. Per trovare quell'ultima dose che, come confermato dall'autopsia, gli sarà fatale. «Tre giorni. Tre giorni e io avrei ancora Vincenzo – chiude Antonella -. Ma sono quegli otto mesi precedenti che restano senza risposta. Rimpallati e abbandonati dal sistema che ci avrebbe dovuto aiutare. Cosa non ha funzionato? Nessuno ci riporterà indietro il suo sorriso, ma io adesso voglio solo sapere perché».

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