A Deruta una casa “scivola” di quasi due metri: vicini senza giustizia da quasi 40 anni. Storia di un abuso

L'avvallamento in una foto della perizia tecnica
di Egle Priolo
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Domenica 13 Agosto 2023, 10:20

PERUGIA - Uno sbancamento non autorizzato, una causa che va avanti da quasi 40 anni, un'amministrazione che non risponde e la casa dei vicini che “scivola” di oltre un metro e mezzo, con lesioni strutturali che non fanno dormire la notte. È la storia assurda che arriva da Deruta e che racconta della battaglia di una famiglia che, nonostante un'ordinanza e diverse sentenze, non riesce a vedere messa in sicurezza la propria abitazione. Dal 1986.

È infatti del 15 dicembre di ben 37 anni fa l'ordinanza dell'allora sindaco del Comune di Deruta con cui si davano 90 giorni di tempo per la «riduzione in pristino dello scavo di sbancamento» che il proprietario di un terreno – pure sottoposto a vincolo idrogeologico - aveva eseguito in maniera abusiva, senza alcuna concessione. Ma quei primi tre mesi sono passati senza vedere nessuna ruspa e quando nell'agosto successivo si è presentato il comandante dei vigili urbani dell'epoca ha potuto accertare come l'ordinanza non fosse stata ancora eseguita. Da lì, è iniziata una battaglia legale a suon di diffide e cause davanti al Tribunale amministrativo regionale, chiamato a decidere di quello iniziato come un problema tra privati e poi diventato il «silenzio» di un ente pubblico. Perché quello sbancamento – come si legge nel ricorso firmato dall'avvocato Marco Marmottini che assiste il vicino che si vede letteralmente crollare da anni la terra sotto i piedi - «creava e crea tutt'oggi pregiudizio alla stabilità del terreno posto a monte, di proprietà del ricorrente» che da allora ha inviato al Comune «reiterate diffide ad adempiere l'ordinanza e/o comunque ad intervenire per limitare i danni cagionati dallo sbancamento abusivo». L'ultima è del gennaio 2022: «Diffida – spiega l'avvocato Marmottini – rimasta senza riscontro, come le precedenti».
E intanto, come accertato da diverse perizie tecniche che la famiglia ricorrente ha affidato negli anni ad alcuni esperti, la proprietà a monte continua a subire «evidenti fenomeni di instabilità sul ciglio superiore della scarpata, costituiti da abbassamenti del terreno rispetto alla quota originaria, con evidente roto‐traslazione di tutti gli elementi sovrastanti». Secondo ingegneri e geologi chiamati a valutare la situazione e i danni, «la misurazione precisa dell’entità dell’abbassamento del terreno della proprietà (del ricorrente), originariamente orizzontale, ha restituito valori variabili tra i 150 cm e i 170 cm». Insomma, quasi due metri di “scivolata” che hanno portato a danni e lesioni strutturali incontrovertibili.
Per una battaglia che dalle diffide è passata appunto alle cause davanti al Tar.

I giudici amministrativi hanno dato ragione ai ricorrenti, ma incredibilmente ancora senza risultati. Lo scorso marzo, infatti, il tribunale presieduto da Raffaele Potenza ha accolto la «domanda avverso il silenzio», ordinando al Comune – condannato al pagamento di mille euro di spese – di portare a termine il procedimento sanzionatorio. Solo poche settimane fa, sempre il Tar ha condannato l'amministrazione non solo al pagamento delle spese ma anche, a favore del ricorrente, «degli importi corrispondenti agli esborsi da quest’ultimo sostenuti per l’elaborazione delle suddette relazioni peritali», con il Consiglio di Stato che poi a fine luglio ha pure rigettato i ricorsi proposti contro queste sentenze. Insomma, una situazione che sulla carta sembra granitica, ma che in pratica non si muove. A differenza di quel terreno sotto casa che non sono bastati quasi quarant'anni per rimettere in sicurezza.

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