L'attività del reparto di Chirurgia del "Santa Maria della Stella" di Orvieto. Il primario Buononato: «pienamente operativi»

L'attività del reparto di Chirurgia del "Santa Maria della Stella" di Orvieto. Il primario Buononato: «pienamente operativi»
di Monica Riccio
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Martedì 3 Agosto 2021, 08:05 - Ultimo aggiornamento: 4 Agosto, 08:04

Durante il primo periodo di lockdown, nel 2020, l'ospedale orvietano “Santa Maria della Stella” fu interessato da settimane e settimane di contagi interni. La pandemia era all'inizio e il nosocomio cominciò a difendersi, reparto per reparto, secondo nuovi protocolli che di fatto hanno finito per blindare l'ospedale. Non era possibile fare altrimenti. Dichiarato poi ospedale non-Covid dalla dirigenza della Usl Umbria 2, Orvieto dovette comunque far fronte alla necessità di mettere nella rete regionale i propri posti di terapia intensiva. Il blocco della terapia intensiva, abbassò di conseguenza la capacità di intervento del reparto di Chirurgia che, diretto dal dottor Massimo Buononato, non ha però mai smesso di operare, almeno per affrontare le emergenze-urgenze.

Oggi, a distanza di più di un anno, il reparto di Chirurgia del “Santa Maria della Stella” è tornato pienamente operativo, anche per le attività di tipo ambulatoriale.

Dottor Buononato, com’è oggi la situazione del reparto che lei dirige?

«La Chirurgia Generale dell’ospedale di Orvieto, tranne per alcune settimane all’inizio della pandemia, ha sempre garantito l’attività di emergenza/urgenza. Parallelamente sono state eseguite con cadenza normale, sia le medicazioni che le visite richieste “con priorità” dai medici di Medicina Generale. Successivamente è stata ripresa anche l’erogazione delle visite ambulatoriali “non prioritarie”. Dopo il primo lockdown, sono stati costantemente eseguiti anche gli interventi in elezione, sebbene comprensibilmente in numero ridotto e dando assoluta priorità alle patologie oncologiche.»

Che tipologia di interventi sono stati eseguiti nel periodo Covid?

«In urgenza sono stati eseguiti tutti i tipi di interventi che si sono presentati, quindi dagli interventi per le patologie più comuni, cosiddette a bassa/media complessità di cura, fino a quelli complessi per quadri più impegnativi di chirurgia a medio/alta complessità. Ciò è in linea con l’attività di emergenza/urgenza che svolge la nostra Unità Operativa anche al di fuori del periodo della pandemia. Piuttosto in questo contesto si è registrato un maggior grado di gravità media. Una situazione in linea con quanto riscontrato in tutta Italia e in tutto il mondo, che si spiega con la minore facilità di afflusso al Pronto Soccorso da parte degli utenti, sia per ovvi motivi logistici che per naturale ritrosia degli utenti stessi a rivolgersi alle strutture ospedaliere durante la pandemia.»

E’ vero che in quest’ultimo periodo sono stati eseguiti solo interventi molto complessi?

«Per le caratteristiche del nostro nosocomio è possibile che, circostanzialmente, vengano trattati casi di una certa complessità in un periodo circoscritto di tempo, senza trascurare gli interventi meno complessi.

Ciò si verifica poiché accanto all’attività chirurgica programmata in elezione si deve affrontare quella necessaria e non programmata richiesta dal Pronto Soccorso.

In quest’ultimo periodo è accaduto effettivamente che insieme ad alcuni interventi maggiori più frequentemente eseguiti, quali quelli condotti per tumori del colon-retto, è stato necessario programmare per un tumore cistico pancreatico anche una pancreasectomia distale laparoscopica, che rappresenta un intervento di particolare complessità tecnica e gestionale. Inoltre sono afferiti dal Pronto Soccorso, situazioni che hanno richiesto l’asportazione parziale dello stomaco o la bonifica di alcuni quadri complessi di peritonite da diverticolite.

Devo dire che rappresenta motivo di soddisfazione professionale poter affrontare nel nostro nosocomio insieme agli anestesisti ed al personale di sala operatoria interventi complessi, magari potendo poi dimettere il paziente precocemente grazie ad approcci poco invasivi. Questa tipologia di casistica però non esula dalla normale attività del nostro reparto. Vorrei invece sottolineare che, grazie alla collaborazione preziosa con i nostri anestesisti, abbiamo condotto in questi ultimi giorni alcuni interventi chirurgici maggiori, sia sull’intestino che sulle vie biliari in pazienti gravemente compromessi dal punto di vista generale, con un rischio operativo-anestesiologico proibitivo. Ciò è avvenuto mediante approcci combinati di anestesie non generali e di chirurgia poco invasiva. Vi confido che è per noi emozionante poter parlare col paziente mentre si sta operando nel suo addome, senza che egli senta alcun dolore ma, al contrario, affronti con l’equipe discorsi sugli … europei di calcio! E’ una modalità di cura con standard molto elevati, non universalmente disponibile.

Al contempo però non abbiamo trascurato interventi più routinari di chirurgia a bassa/media complessità, quali ad esempio le ernioplastiche o le colecistectomie.»

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