In Umbria le università sfidano e imparano a battere il gender gap: più docenti donna della media nazionale

L'inaugurazione della piazza intestata a Ursula Grohmann
di Egle Priolo
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Sabato 20 Gennaio 2024, 12:39

PERUGIA Perugia e i suoi due atenei segnano un nuovo primato: sia l'Università agli studi che l'Università per stranieri hanno valori superiori alla media nazionale sull'equità di genere per i docenti e i ricercatori universitari. È quanto emerge dal rapporto “Analisi di genere” stilato dall'Anvur e presentato nei giorni scorsi alla presenza della ministra Anna Maria Bernini.

In base ai dati forniti dall'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, infatti, Perugia segna punti importanti per superare il cosiddetto gender gap e dimostra di seguire politiche a favore dell'equità tra uomini e donne al lavoro. Anche a partire dallo studio.
Nel rapporto, Anvur ha analizzato la composizione per genere del personale docente, tra il 2012 e il 2022: se in generale si rileva una diversa composizione di genere per tutti i ruoli, con prevalenza degli uomini rispetto alle donne, dai dati ministeriali emerge come i due atenei perugini abbiano implementato negli ultimi anni molte azioni e programmi per colmare il gap.
In particolare, l'Università degli studi di Perugia ha 982 docenti incardinati tra ricercatori associati e ordinari, dei quali 584 uomini e 398 donne: con il 41 per cento di presenza femminile UniPg supera del 3 per cento la media nazionale, ferma al 38. Un dato incoraggiante riguarda anche chi inizia la carriera universitaria: i ricercatori universitari a tempo indeterminato (Ru) e a tempo determinato (Rtd) dello Studium sono in percentuale superiore rispetto alla media italiana, 58 per cento di ricercatrici Ru contro il 49 nazionale. Il 51 per cento di ricercatrici tra Ru e Rtd contro il 44% nazionale è anche migliore della media degli atenei della stessa area territoriale (centro Italia) che si attesta al 45%.
Notevoli anche i dati di palazzo Gallenga: l’Università per stranieri, infatti, mantiene la percentuale di docenti donna al 42 per cento, mentre le ricercatrici sono il 45 rispetto ai colleghi uomini.

LA SODDISFAZIONE
Numeri e dati, figli di investimenti, di impegno e di attenzione, che raccolgono la giusta soddisfazione dei due atenei.
«Cinque anni fa eravamo lievemente sotto la media nazionale – commenta il rettore dell'Università degli studi di Perugia Maurizio Oliviero – e siamo orgogliosi di aver intrapreso un percorso che ci ha portato a questi risultati. Ma non ci fermiamo. Abbiamo lavorato su azioni positive, abbiamo allocato risorse concrete, ci siamo impegnati su formazione e sensibilizzazione sulle pari opportunità, che vorremmo poter implementare. Ma serve una cultura diffusa». «Per questo – insiste Oliviero – potenziamo la nostra attività di promozione sul rapporto tra donne e scienza: penso al premio dedicato alla professoressa Ursula Grohmann che è esattamente la testimonial di quello che può essere il contributo delle donne alla scienza. E noi lavoriamo con le scuole, è da lì che partiamo e abbiamo visto come queste attività abbiano incoraggiato le iscrizioni di studentesse in facoltà delle cosiddette materie Stem, quelle scientifico-matematiche che le stesse donne a lungo hanno pensato fossero appannaggio dei soli uomini». Ma non solo, il ragionamento del rettore è ancora più complesso. Se è vero che in Italia le laureate continuano a essere più dei laureati e che però poi i ruoli apicali restano in maggioranza al maschile, significa che c'è un momento nel percorso lavorativo e della carriera in cui tutta questa preparazione si perde. «È per questo che ci stiamo impegnando – sottolinea Oliviero – in progetti di conciliazione dei tempi di vita lavoro e studio e in quello, molto ambizioso, di creare un supporto per maternità e paternità al lavoro in ateneo. Per lavorare a un vero welfare sociale».
Soddisfazione anche da palazzo Gallenga dove il rettore Valerio De Cesaris ha delegato la professoressa Stefania Tusini, responsabile Cug, ai progetti sulle pari opportunità. «Dal bilancio di genere concluso a dicembre emerge – spiega Tusini – come rispetto alla media nazionale siamo avanti anche riguardo ai professori ordinari: il 50 per cento da noi sono donne.

Dobbiamo migliorare ancora, anche nei ruoli amministrativi, dove le donne sono tantissime ma i numeri scendono nelle posizioni apicali. Per questo lavoriamo e insistiamo molto su progetti di valorizzazione delle differenze, sull'inclusione e la lotta alle discriminazioni. Abbiamo organizzato seminari, concorsi fotografici, momenti di riflessione su inclusione e parità per costruire il futuro partendo dagli studi». «In un ateneo – conclude – che non solo è il primo in Italia per l'indice di internazionalizzazione, ma che vanta anche di aver avuto nella sua storia ben tre rettrici donna». Un primato da cui imparare.

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