Questo dispositivo, utilizzato da più di dieci anni in Italia per la prevenzione della morte cardiaca improvvisa, si distingue dal defibrillatore tradizionale trans-venoso per l’essere totalmente applicato a livello sottocutaneo e in particolare, a contatto con le strutture osteo-muscolari della gabbia toracica, evita il posizionamento di cateteri attraverso il sistema venoso. Ciò permette di non inserire il fissaggio di cateteri all’interno del cuore il che comporta un minor rischio infettivo e di complicanze legate all’elettrocatetere quando applicato per via trans-venosa come, per esempio, maggior rischio di fratture dello stesso, di shock inappropriati, trombosi e, oppure, fibrosi intravascolare venosa ostruttiva.
«La possibilità di impiantare anche questo particolare tipo di defibrillatore - spiega Fabrizio Pagnotta - indicato nel paziente giovane a rischio di morte improvvisa con cardiopatia ipocinetica o con sindrome aritmica ereditaria, ci permetterà di allinearci con gli altri centri aritmologici umbri ed italiani, potendo garantire il giusto dispositivo, trans-venoso o sottocutaneo, per ogni tipologia di paziente che incontreremo nella pratica clinica».
Viene sottolineato come «l’ottima riuscita della procedura è stata possibile grazie anche al supporto anestesiologico da parte del personale di sala operatoria, che ci ha permesso di eseguire l’impianto con un’efficace analgesia endovenosa congiuntamente all’anestesia loco-regionale da noi praticata, evitando la necessità della sedazione generale. Ringraziamo - conclude Pagnotta - la direzione sanitaria, il nostro primario facente funzione Capponi e il nostro coordinatore Simone Cappannelli che hanno reso possibile la pianificazione, il coordinamento delle varie figure coinvolte e l’espletamento della procedura in maniera ottimale».
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