Perugia, per le protesi d'oro
chiesto il processo per tredici

Perugia, per le protesi d'oro chiesto il processo per tredici
di Luca Benedetti
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Sabato 1 Novembre 2014, 17:56 - Ultimo aggiornamento: 18:00
PERUGIA - A quasi un anno dalla chiusura delle indagini, l’inchiesta sulle protesi d’oro della Procura di Perugia compie il passo più pesante: la richiesta di rinvio a giudizio per i tredici indagati.

L’hanno firmata i pm Mario Formisano e Paolo Abbritti che contestano, a vario titolo, a medici, impiegati dei distretti sanitari e titolari di sanitarie, l’ associazione per delinquere, la corruzione (mazzette tra il 4% e l’8% sull’affare procacciato agli impiegati dei distretti), il falso e la truffa. Ipotesi di reato in più di mille pagine di carte raccolte dai carabinieri di Valfabbrica, Fossato di Vico e Nas. A finire nell’inchiesta che ha virato verso la richiesta di giudizio (l’udienza davanti al gup Carla Giangamboni si terrà il 18 novembre) sono stati Marinella Biagetti, Marcello Bracco, Silvano Cerri, Gabriele Cicioni, Sandro Dalla Costa, Alessandro Maria Pio La Medica, Bruno Lepri, Giuseppe Manuali, Roberto Nelli, Sauro Piastrelli, Tiziana Prosperetti, Andrea Semidoro e Giovanni Semidoro. L’inchiesta si è mossa su due binari: prezzi gonfiati delle protesi e qualità inferiori dei presidi sanitari venduti rispetto a quanto prescritto.



I pm Abbriti e Formisano, dopo gli accertamenti dei carabinieri, hanno messo in fila oltre 130 acquisti sospetti di ausili, per cui la Asl avrebbe pagato «indebitamente » fino a 1400 euro di differenza su carrozzine, seggioloni, calzature ortopediche, deambulatori, unità posturali e accessori. Tutti ausili e protesi pagati a peso d’oro e spesso neanche della qualità prevista. Secondo le accuse, il gruppo finito sotto inchiesta avrebbe agito attraverso alcuni medici addetti all’Ufficio assistenza protesica della Asl. L’inchiesta avrebbe «accertato che il presidio/dispositivo erogato è risultato essere di qualità inferiore rispetto a quello prescritto. Così inducendo in errore l’amministrazione della Asl 2 di Perugia», che liquidava in favore dell’officina ortopedica Semidoro i relativi importi. La sanitaria ricavava una indebita differenza. Così per la Procura, le protesi di bassa qualità diventavano d’oro. Secondo l’accusa (tutta da dimostrare davanti al gup), il sistema partiva dai medici prescrittori della Asl che sarebbero stati corrotti attraverso «ingenti somme di denaro (non quantificabile) - scrivono i pm - e/o regalie di varia natura per compiere atti contrari ai propri doveri d’ufficio consistenti nel rilasciare certificazioni ideologicamente false poiché concesse in assenza della condizioni legittimanti ». L’inchiesta torna indietro fino a episodi sospetti del 2002.





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