Autismo, a Perugia ci sono bambini che restano senza assistenza pubblica. «Chi non ha soldi come fa?»

Il Centro servizi Grocco di Perugia
di Egle Priolo
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Venerdì 20 Ottobre 2023, 10:26

PERUGIA - Carlo non ha nemmeno 12 anni ed è affetto da autismo. Ovviamente non si chiama davvero Carlo, è minorenne e va tutelato, ma da quando un centro di Foligno «ha emesso la sentenza» sul suo disturbo dello spettro autistico, la vita in famiglia è un po' cambiata. Sono arrivati gli insegnanti di sostegno, i centri diurni, i pomeriggi con gli operatori di associazioni private. Insomma, ogni pomeriggio era pieno e Carlo ha iniziato un bel percorso, fatto di amore, impegno e socializzazione, per gestire una sindrome che come noto non ha cura.

E invece, con l'inizio del nuovo anno scolastico, ci risiamo. Un taglio, una sforbiciata ai bilanci e l'unico servizio pubblico su cui mamma e papà facevano affidamento è venuto meno: l'assistenza del servizio di Neuropsichiatria e psicologia clinica dell'età evolutiva al Grocco di Perugia. «Ci hanno spiegato che non ci sono fondi e personale a sufficienza- Soldi e operatori che è meglio destinare a bambini più piccoli che devono iniziare il loro percorso», spiegano i genitori. Un peccato davvero, ma non nuovo visto che il Messaggero riceve ormai da tempo segnalazioni come questa, sempre a ridosso dell'inizio dell'anno scolastico, che scadenza anche le attività del Grocco. E anche adesso, per altre famiglie, ecco la comunicazione verbale: «Niente fondi, niente più centro diurno».
«All'inizio – spiegano i genitori di Carlo – andava lì due ore al pomeriggio per due giorni alla settimana. Addirittura era così subito dopo il periodo del Covid, nel 2021. Ma poi nel 2022 i suoi accessi sono stati ridotti a un giorno alla settimana e ora, nel 2023, a niente».

La mamma e il papà di Carlo farebbero di tutto per lui e sanno quanto sia importante questo tipo di assistenza quotidiana. Tanto che per gli altri pomeriggi si affidavano comunque a centri privati in cui un'ora di impegno per il loro bambino costa tra i 35 e i 40 euro. Spese in qualche modo coperte dalla piccola pensione di invalidità di Carlo, «ma chi non ha la possibilità di assistere questi bambini non può fare niente», dicono i due genitori. Ed è questo il senso ultimo della loro denuncia: prima di tagliare sarebbe importante rendersi conto non solo del sostegno che viene a mancare alle famiglie, ma soprattutto dell'aiuto che si decurta a bambini che non chiedono altro.

«Una volta l'assistenza era fino ai 18 anni, poi si è scesi a 14 e va bene – insistono papà e mamma di Carlo -, ora a nemmeno 12. tra l'altro ricordiamo che all'inizio il rapporto era di uno a uno, un operatore per un bimbo, l'anno scorso era di due a quattro. Gruppetti quanto mai utili per socializzare, li portavano in piscina, a passeggiare o a fare la spesa, ma è chiaro come la riduzione sia anche un problema di tagli ai bilanci. Ed è veramente un peccato: perché il servizio funziona, gli operatori sono tutti validi e preparatissimi, grazie a loro Carlo è cambiato davvero tanto». Un peccato depotenziare un servizio d'eccellenza, dicono le famiglie. E se i bilanci della sanità sono sicuramente i più difficili da far quadrare, magari tagliare sui bambini dovrebbe essere sempre l'ultima, ultimissima, opzione.

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