Allerona, i pusher dei boschi liberi tranne uno che dal carcere vuota il sacco: «Spacciavo per curare mio padre malato»

Allerona, i pusher dei boschi liberi tranne uno che dal carcere vuota il sacco: «Spacciavo per curare mio padre malato»
di Nicoletta Gigli
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Venerdì 8 Dicembre 2023, 09:08 - Ultimo aggiornamento: 09:13

ALLERONA - Spacciavano cocaina e hascisc nei boschi di Villalba di Allerona, nel parco protetto della Selva di Meana.

Ad agosto sono finiti nella rete degli investigatori del’arma in sei, tutti marocchini tra i 30 e i 40 anni.

L’indagine coordinata dal pm, Giorgio Panucci, ha visto azzerare le misure cautelari per tutti gli indagati tranne uno.

Il tribunale del riesame ha avuto da ridire sulle individuazioni dei pusher fatte dai clienti ma ora a vuotare il sacco è l’unico indagato rimasto in cella a Sabbione.

E’ marocchino, ha 31 anni e, difeso dall’avvocato Samuele De Santis del foro di Viterbo, ha voluto raccontare la sua verità.

L’ha fatto in sede di incidente probatorio di fronte al gip, Chiara Mastracchio, alla presenza del pm, Giorgio Panucci.

«Facevo l’ambulante sulla spiaggia di Montalto di Castro e Tarquinia e avevo la partita iva - ha detto il 31enne in cella - poi mio padre si è ammalato gravemente e avevo bisogno di trovare in fretta i soldi per curarlo. Sono stato introdotto nel giro da di spaccio nel bosco da un paio di miei connazionali e l’ho fatto solo per due mesi».

Il 31enne durante l’interrogatorio ha ammesso i reati contestati dalla procura ternana e, con l’incidente probatorio, ha individuato su cinque fascicoli fotografici i connazionali che spacciavano insieme a lui nella fitta boscaglia di Villalba.

«L’incontro tra clienti e pusher avveniva sempre attraverso il telefono, ce ne stavano due o tre a disposizione. La parola d’ordine era sono Simone o l’amico di Simo. Quelli che portavano la droga arrivavano sempre di notte, i volti coperti da passamontagna e in mano il machete. Venivano ogni venti giorni, fischiavano per annunciarsi e lo scambio tra droga e denaro era rapidissimo».

La testimonianza dell’unico indagato rinchiuso in cella è al vaglio della procura ternana. Che, all’esito dell’incidente probatorio, potrebbe procedere con nuove ordinanze di custodia cautelare per i cinque indagati scarcerati dal tribunale del riesame di Perugia.

In queste ore l’avvocato Samuele De Santis ha depositato l’istanza di scarcerazione per il suo assistito: «Si tratta di una situazione umana assolutamente disperata - dice il legale - speriamo che presto possa tornare in libertà».

La certezza è che l’operazione andata in scena ad agosto ha permesso di immortalare, tra aprile e ottobre 2022, ben 700 cessioni di cocaina e hascisc.

Al termine delle indagini gli investigatori dell’arma hanno messo nero su bianco, nelle carte finite in procura, la vendita di un chilo di stupefacenti. “Lavoro” che ai sei marocchini, per l’accusa, avrebbe fruttato quasi 20mila euro.

Secondo quanto ricostruito durante le indagini i clienti dei pusher del bosco, oltre che dall’orvietano, arrivavano da Terni, Perugia e Siena.

Ad agosto vengono eseguite le ordinanze cautelari chieste dalla procura ternana e  firmate dal gip del tribunale.

Due marocchini vengono arrestati e portati in cella a Sabbione. Per gli altri quattro scattano invece i divieti di dimora nel Lazio, regione che confina col parco dello spaccio, e in Umbria. Per tutti l’ipotesi di reato di concorso nella detenzione e spaccio di cocaina e hashish.

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