Il giudice ha deciso. Sarà un collegio di periti ad accertare se Katalina Erzsebet Bradacs fosse davvero incapace di intendere e di volere quando il primo ottobre ha ucciso a coltellate il figlio di due anni a Po' Bandino.
La prima perizia, che in sette paginette ha definito incapace – e quindi non incriminabile – la 43enne di origini ungheresi scappata in Italia con il piccolo Alex Juhasz quando il tribunale lo aveva appena affidato al padre Norbert, evidentemente va approfondita. Come richiesto con forza dal sostituto procuratore Manuela Comodi che accusa la donna di omicidio volontario aggravato. Il pm infatti, alla lettura della relazione che è arrivata a sottolineare la mancata pericolosità di Katalina, in un durissimo controesame durante l'ultima udienza aveva sollevato diverse perplessità perché nel corso della perizia con incidente probatorio non le sono stati somministrati test psicologici, con la motivazione della difficoltà a sottoporla alle prove con l'aiuto di un interprete che avrebbe potuto falsarne la genuinità, ma anche perché negli accertamenti sulla sua capacità mancherebbero – a quanto si apprende – approfondimenti sui suoi passati ricoveri in Ungheria. Abbastanza per chiedere la nomina di un collegio peritale che possa accertare lo stato mentale di Katalina, anche alla luce degli eventi successivi all'omicidio – le foto fatte al corpo martoriato, i messaggi inviati fino alla corsa nel supermercato di Po' Bandino dove ha adagiato Alex su una cassa chiedendo aiuto, l'aver puntato il dito contro un fantomatico uomo di colore come il presunto assassino fino alla distruzione del suo cellulare – considerati incompatibili con un'incapacità di mente.
E il giudice non solo ha accolto la richiesta, ma ha già nominato il collegio che sarà composto dai professori Marco Marchetti, Mariano Cingolani e Francesca Baralla, convocati per il giuramento nella prossima udienza prevista per il 5 maggio. Una decisione che aveva trovato la contrarietà dell'avvocato della donna, Enrico Renzoni, convinto invece dell'incapacità mentale della sua assistita, che inizialmente ha negato tutto, chiedendo addirittura dal carcere di poter vedere suo figlio.
«Una vicenda così drammatica merita senza ombra di dubbio un approfondimento che necessariamente può avvenire solo attraverso una perizia collegiale», è il solo commento alla notizia che Il Messaggero ha ottenuto dall'avvocato Massimiliano Scaringella che assiste papà Norbert.