Clima, il disgelo dei ghiacci cancella l'archivio climatico. Le prove? "Le carote" non raccontano più l'ice memory

Corsa contro il tempo: in Svizzera si è visto che l'acqua di scioglimento non si ricongela e si disperde

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di Stefano Ardito
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Mercoledì 14 Febbraio 2024, 11:23 - Ultimo aggiornamento: 15 Febbraio, 12:03

Chi in questi giorni sale in funivia al Lagazuoi, meraviglioso belvedere sulle Dolomiti tra Cortina e l’Alto Adige, viene catapultato in un mondo con un solo colore, il bianco.

Tutt’intorno, dalla Marmolada fino all’Antelao e alle Tofane, si susseguono vette, canaloni e pendii imbiancati dalla neve. Solo dove la roccia è verticale, come sulla Cima Scotoni e sul Pelmo, appaiono dei toni diversi. Molti sciatori, usciti dall’impianto, danno uno sguardo al panorama, scattano un selfie, calzano gli sci e si tuffano sulle piste verso la Capanna Alpina e il Passo Falzarego. Altri, tra una discesa e l’altra, sostano per un pasto o per una bevanda calda nel rifugio. Chi entra nel Lagazuoi Expo Dolomiti, uno spazio espositivo a 2.750 metri di quota, scopre una storia diversa. La mostra “Buona notte, ghiacciai”, a cura dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e dell’Istituto Scienze Polari del Cnr, racconta il progetto Ice Memory e il lavoro dei ricercatori che lo portano avanti dal 2015. Il messaggio è evidente e drammatico. Il bianco, sulla Terra, è un colore destinato a ridursi. Se non addirittura a sparire. Nella prima sala, le immagini del fotografo e videomaker Riccardo Selvatico mostrano i ricercatori di Ice Memory al lavoro, circondati da distese di neve e di ghiaccio sconfinate. Accompagnano questa visione scrosci, scatti, gorgoglii e scricchiolii, registrati sul ghiacciaio del Morteratsch, presso Sankt Moritz, e mixati dall’artista svizzero Ludwig Berger.

Ma i pannelli informativi, insieme ai testi che accompagnano i video, ricordano che questa è una bellezza che muore.

LA RICERCA

Ice Memory, ideata dal professor Carlo Barbante, scava nei ghiacciai con le trivelle ed estrae “carote” di ghiaccio dal diametro di 10 centimetri e dalla lunghezza di decine o centinaia di metri. Chi visita la mostra sul Lagazuoi si trova davanti alle trivelle utilizzate ad alta quota, e a un pezzo di “carota” conservata in un freezer a 25° sottozero. Il ghiaccio estratto da Ice Memory, un progetto a cui collaborano vari Paesi europei, viene conservato a Venezia, Berna, Milano, Innsbruck e Grenoble. In futuro, anche per motivi simbolici, una parte delle “carote” sarà trasferita in Antartide, nella base italo-francese di Concordia. L’obiettivo dei ricercatori di Ice Memory, come spiega il nome, è di tornare indietro nel tempo, studiando il clima dei secoli scorsi. Negli strati profondi dei ghiacciai compaiono le tracce delle eruzioni vulcaniche del Krakatoa e del Vesuvio, degli incendi, di catastrofi create dall’uomo come le atomiche di Nagasaki e Hiroshima. Nella mostra del Lagazuoi, foto e video raccontano le trivellazioni compiute nel 2023 sul Monte Rosa, i 4.155 metri di quota. La “carota” più lunga delle Alpi, 234 metri, è stata estratta nel 2021 sull’Adamello dai glaciologi dell’Università di Milano Bicocca, e consente di studiare il clima dell’Europa medievale. La più lunga del mondo, 3.300 metri, è stata estratta dalle viscere dell’Antartide e comprende un ghiaccio che si è formato 820mila anni fa.

LA TENDENZA

 Oggi, secondo i glaciologi, sulle Alpi esistono 4.395 colate glaciali, per una superficie complessiva di 1.806 chilometri quadrati. In Italia i ghiacciai sono 903, per un totale di 325 chilometri quadrati. Numeri che diminuiscono di circa l’1% ogni anno. Ogni categoria di “utenti” vede il ritiro dei ghiacciai in modo diverso. Chi pratica l’alpinismo o lo sci estivo sa che lo spazio per il suo sport preferito si riduce. Chi si occupa di acqua potabile sa che la riduzione del ghiaccio non crea problemi di approvvigionamento in Europa, ma potrebbe crearne presto in Asia, dove le acque dei ghiacciai dell’Himalaya danno da bere a un miliardo e mezzo di persone, dal Pakistan e dal Nord dell’India fino al Myanmar e alla Cina. Per i ricercatori di Ice Memory il fenomeno è una spinta a lavorare più in fretta. «Il riscaldamento globale ha un effetto devastante sui ghiacciai, che si riducono, si frammentano e a volte scompaiono del tutto.

Entro il 2100 gran parte dei ghiacciai alpini potrebbe non esserci più» spiega J Jdell’Istituto di Scienze Polari del Cnr, impegnato dall’inizio nel progetto. Al centro della mostra del Lagazuoi, e della comunicazione di Ice Memory, un messaggio allarmante. Il rapido scioglimento del ghiaccio lascia poco tempo a chi vuole estrarre “carote” per studiare la storia del clima. Non a caso, alcune missioni scientifiche sono state dedicate a ghiacciai vicini all’estinzione, come la Marmolada sulle Dolomiti, il Calderone del Gran Sasso e ciò che resta dei ghiacci del Kilimanjaro che hanno affascinato Ernest Hemingway. Anche la fretta, però, potrebbe non essere sufficiente. Uno studio dell’Istituto svizzero Paul Scherrer, pubblicato da poco sulla rivista Nature Geoscience, ha dimostrato che il ghiacciaio di Corbassière, ai piedi del Grand Combin, uno dei più estesi e “himalayani” delle Alpi, è sempre meno utile come archivio di informazioni sul clima.

IL CONFRONTO

 I ricercatori elvetici, coordinati da Margit Schwikowski, hanno messo a confronto una “carota” di ghiaccio estratta nel 2018 con una estratta due anni dopo, e la differenza si è rivelata enorme. Una grande quantità di acqua creata dallo scioglimento è penetrata in profondità nel ghiaccio senza ricongelarsi, portando via con sé le sostanze contenute e distruggendo l’archivio climatico. Gli autori dello studio, che vede come prima firma Carla Huber, hanno anche esaminato i dati meteorologici del periodo, alla ricerca di un evento in grado di scatenare la crisi. Secondo i loro calcoli, però, le temperature registrate sul ghiacciaio sono state elevate, ma in linea con l’andamento climatico generale, senza picchi estremi.

«Concludiamo che non c’è stato un singolo fattore scatenante per questo forte scioglimento, ma che si tratta del risultato delle molte annate calde del recente passato», dice la professoressa Schwikowski. «Sembra che sia stata superata una soglia, e che il valore del ghiaccio come archivio stia scomparendo».

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