Lazio, una crisi di gioco e di idee

Simone Inzaghi
di Albarto Abbate
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Mercoledì 19 Dicembre 2018, 07:30
Altro che passeggera, adesso è crisi vera. Troppo un mese e mezzo senza vincere, troppe sette partite senza esultare: un filotto così nero non si vedeva da dicembre 2009 con Ballardini (allora erano nove) prima del suo esonero. Inzaghi, dopo le parole di Lotito e Tare, non può certo sentirsi in bilico, eppure in panchina traspare già il suo crollo psichico. Inerme a Bergamo sino al primo doppio cambio (Lukaku-Luis Alberto), disperato nella mossa 4-2-3-1 con Caicedo, spaesato e in un altro mondo nelle dichiarazioni dopo il novantesimo. Non sa più dove mettere mano, Simone, non corregge nessun errore, così per l’undicesima volta consecutiva (eguagliato il suo record negativo) la Lazio subisce gol al cuore. Anzi, stavolta fa peggio: l’infarto difensivo su Gosens e Zapata (Wallace-Acerbi-Radu) arriva addirittura dopo nemmeno un minuto, come non succedeva da oltre quattro anni (16 febbraio 2014, Catania-Lazio 3-1) con Izco. E’ desolante l’approccio di una squadra che dovrebbe reagire subito, invece sprofonda nella depressione al primo colpo. Lo fa da inizio anno: 7 volte su 16 in svantaggio, la Lazio non ha mai vinto, 4 volte ha perso, 3 pareggiato. A differenza dell’ultimo biennio, adesso è deleterio il primo tempo: se queste prime sedici giornate si fossero esaurite dopo 45’, la classifica biancoceleste avrebbe appena 16 punti, 2 in più di Bologna e Spal e 3 del Chievo ultimo. 
LIMITI
Il quinto posto (comunque lo stesso della passata stagione, in questo frangente) è a serio rischio. In una manciata di punti adesso ci sono 7 squadre col fiato sul collo. Un altro passo falso e in classifica si rischia il tracollo. Il problema è che la Lazio non solo non riesce più a difendersi, ma non passa nemmeno all’attacco. Nella classifica cannonieri Immobile rimane (10 centri) in alto, ma non può bastare da solo. Al contrario, una sua giornata no come a Bergamo e la porta si sbircia col binocolo. Così aumentano a 17 le reti fatte in meno dell’anno scorso. Quando segnavano tanto anche e sopratutto Milinkovic e Luis Alberto. Forse gira tutto intorno a questo nodo: senza di loro e Leiva (out da 10 partite) è impossibile ritrovare gli sprint Champions e il gioco. Perché, per quanto ne dica la società, sono evidenti i limiti degli altri componenti della rosa. E senza la spina dorsale dei big è impensabile ripetere il salto. Specie quando poi ti si mette di traverso, nel peggior momento, pure il fato. Perché, dopo la Samp, anche con l’Atalanta poteva esserci un altro epilogo. Invece il Var annulla il gol di Acerbi per un fuorigioco di qualche millimetro. 
PRESSIONE
Dopo 12 occasioni e otto tiri, un centro in extremis avrebbe potuto risollevare il morale biancoceleste. Dover però aggrappare le proprie sorti a un lancio lungo disperato diventa triste. La Lazio non ha più idee, non ritrova le trame né le fasce dell’antico 3-5-2. Mancano cross, triangoli, azioni. E non sono mai cattive le conclusioni. Sono 17.5 a partita: i biancocelesti tirano quasi come Juve e Napoli, ma non sono mai cinici. Così si spiegano i 5 gol realizzati nelle ultime 5 giornate, certamente meno dei 6 incassati. Diventano addirittura 6 e 10, aggiungendoci pure le ultime due gare di Coppa. Il paradosso è che Lotito aveva ordinato il ritiro dopo tre pareggi consecutivi (Sassuolo, Milan e Chievo) e il ko di Cipro. I risultati sono peggiori: un 2 a 2 con la Samp e due sconfitte con Eintracht e Atalanta. Perché questa squadra non regge nemmeno la pressione e forse va considerato un boomerang persino quella soluzione. Inzaghi non aiuta dal punto di vista tattico e nemmeno nascondendo la prestazione che tutti hanno visto. Strakosha avrà pure fatto una sola parata (e quasi un autogol coi piedi), ma l’Atalanta è sbucata troppe volte davanti alla porta e, in due occasioni, Acerbi e Radu l’hanno salvata. Oggi bisognerà cominciare a pensare al Cagliari già come ultima spiaggia. Ieri Inzaghi, Peruzzi, Lulic, Leiva e Cataldi erano alla chiesa Cristo Re per l’ultimo saluto a Pulici. Sulla bara c’era la maglia di questa Lazio, dentro va ritrovato il suo eterno spirito.
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