Pugilato, Re Joshua va al massimo: ora il derby con Fury

Pugilato, Re Joshua va al massimo: ora il derby con Fury
di Vanni Zagnoli
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Lunedì 14 Dicembre 2020, 07:30

Ha vinto Anthony Joshua e adesso l’Inghilterra si prepara al colossal, al derbissimo con Tyson Fury. Anthony Oluwafemi Olaseni Joshua ha 31 anni, è di origine nigeriana, nato a Watford, dove il club calcistico è stato di proprietà di Elton John e ora è della famiglia Pozzo, che ha pure l’Udinese. Ecco, senza covid, grazie alla copertura totale dello stadio, anche in inverno un match con Joshua cattura un pubblico calcistico, a Wembley nell’aprile del 2017 c’erano 90mila spettatori, quando battè l’ucraino Klytschko, conquistando i mondiali vacanti Wba e Ibo. Allora andò al tappeto per la prima volta ma vinse per ko tecnico all’11ª ripresa, rilanciando il pugilato con uno dei migliori match di sempre. La sfida con Kubrat Venkov Pulev aveva mille spettatori ammessi, è finita al 9° round, il bulgaro ha retto persino oltre le aspettative.
RITORNO A CASA
Re Joshua a Londra non combatteva da due anni, nel 2012 vi superò di misura Roberto Cammarelle, impedendogli di bissare l’oro olimpico di Pechino. Contro il cobra Pulev ottiene il 22° successo per knockout in 24 match vinti, gli hanno resistito solo Andy Ruiz (due volte; nella prima il messicano gli ha inflitto l’unica sconfitta) e il neozelandese Parker. Joshua non combatteva da un anno, da quel secondo match con Ruiz, vinto ai punti. Impone il suo sinistro, scherma e potenza impressionano, uniti al tempismo difensivo. Mantiene le cinture Ibf, Wba, Wbo e Ibo, davanti anche all’ex pugile più grande del millennio, Floyd Mayweather, con le sue catene d’oro al collo, 43 anni e 50 incontri, imbattuto, suo amico.
Ora il mondo del pugilato aspetta il confronto fra AJ e il “re degli zingari”, imbattuto in 31 combattimenti, la rivalità è accesa, al punto che Tyson Fury ha rifiutato l’invito a esserci, nonostante combattesse il cugino Hughie, vittorioso. 
Il Regno Unito si divide fra i due, come l’Italia a metà anni 60, quando a Milano e a Roma Nino Benvenuti battè Sandro Mazzinghi in incontri epocali. «Sono pronto per qualsiasi cosa - declama il campione di origine africana al microfono, sul ring -. Chi vuole vedere Anthony Joshua combattere con Tyson Fury nel 2021?».
La quinta corona, Wbc, resta sugli addominali (magari ricoperti di grasso) di Tyson Luke Fury, incerto se combattere ancora con l’americano Deontay Wilder, l’unico ad avergli strappato la parità, due anni fa, e poi battuto a inizio 2020.

Insomma siamo sospesi fra la trilogia angloamericana e la “battle of Britain”, intanto Joshua potrebbe persino concedere la rivincita al 39enne Pulev.

I NODI
Il problema sono i soldi, le organizzazioni spingono per ritardare la sfida epocale fra il nero e il bianco, la pandemia impedisce grandi incassi e mortifica il pubblico che vorrebbe scatenarsi nel tifo. Nel 2015, Tyson Fury fece scendere dal trono dopo 11 anni lo stesso Klytschko. È un gitano irlandese con la barba rossa, trapiantato in Inghilterra, nei sobborghi di Manchester, quella volta pretese che il tappeto del ring fosse cambiato perché troppo morbido e poi chiese all’ucraino di rifare i bendaggi perché nessuno del suo clan era presente alla fasciatura. Alla vigilia si paragonò a Muhammad Ali e stracciò l’immagine del rivale. Sarà una sfida da film, fra Joshua, appassionato di scacchi («Uso la tattica anche nel pugilato»), ex muratore, e il campione del politicamente scorretto. Che magari prima del confronto rinfaccerà a Joshua la sua unica scivolata, l’arresto per droga. Nel 2011 aveva 200 grammi di cannabis in macchina.

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