Goolaerts, una tragedia con troppe ombre

Goolaerts, una tragedia con troppe ombre
di Francesca Monzone
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Martedì 10 Aprile 2018, 11:47
Lo sport ancora sotto choc e la giustizia che inizia a muoversi. Il giorno dopo la tragedia di Michael Goolaerts, il giovane ciclista belga morto in seguito a un arresto cardiaco accusato durante la Parigi-Roubaix, le lacrime iniziano a lasciare spazio ai dubbi e alle domande. Per questo la Procura di Cambrai ha avviato un'inchiesta - al momento senza risvolti penali - e ha disposto l'autopsia sul corpo del giovane corridore per chiarire «le circostanze di un decesso all'apparenza inspiegabile, senza per questo presumere la certezza di una violazione delle regole». Si cercherà insomma di fare luce sulle zone d'ombra più classiche, quelle fisiologicamente formate dalla morte di un ragazzo di 23 anni che per professione dovrebbe essere continuamente sottoposto a controlli medici. Per questo domenica la gerdameria francese, subito allertata, aveva fermato il pullman della squadra per effettuare controlli sui mezzi e sulle bici, senza però, a quanto trapelato, sequestrare nulla. Una circostanza, probabilmente, meriterà un approfondimento. Il preparatore atletico di Goolaerts era Kristof De Kegel, lo stesso di Antoine Demoitié e Daan Myngheer, i due corridori morti due anni fa alla Gent-Wevelgem e al Criterium International. Ma se la tragedia di Demoitié fu una fatalità pura - il ragazzo morì investito da una moto - Myngheer morì in circostanze simili a quelle di Michael: ebbe un infarto in corsa ad Ajaccio, aveva anche lui soltanto 22 anni.
I FATTI
Goolaerts era professionista dal 2013 e correva con la Vérandas Willems-Crelan, che a Parigi aveva beneficiato di una wild card per permettere all'iridato di ciclocross, Wout Van Aert di potersi presentare al via. Domenica il 23enne si è accasciato a terra privo di sensi dopo il secondo tratto di pavè, quello di Biastre, a 147 chilometri dall'arrivo. L'intervento dei medici con il defribillatore è stato tempestivo, ma le condizioni del corridore da subito sono apparse gravi. Intubato e trasferito con l'elicottero all'ospedale di Lille, Goolaerts è morto alle 22.40. Come da referto medico, per infarto.
I PRECEDENTI
Queste morti improvvise purtroppo non sono una novità nello sport e nel ciclismo in particolare e ci riportano subito ai fatti del 2017 quando morirono altri due corridori il 21enne Andrea Carolo della Cycling Team Friuli di Udine e in Toscana il lituano Linas Rumsas, stessa età, della Altopack Eppela. Il primo fu trovato morto mentre faceva una sauna in palestra, il secondo venne ritrovato senza vita in casa e su di lui si è abbattuta l'ombra oscura del doping, che ha portato a una indagine con svariati arresti e avvisi di garanzia. Un'indagine ancora non conclusa riguarda un caso del 2015, il ritrovamento senza vita della giovanissima Chiara Pierobon, ciclista azzurra ammirata anche al Giro d'Italia, morta a 22 anni mentre era in trasferta con la squadra poco prima degli Europei su strada. Dal belga Vandenbroucke (morto nel 2009 in Africa a 34 anni) fino a Denis Zanette, terzo al Giro delle Fiandre del 2001 e vincitore di due tappe al Giro d'Italia, deceduto nel 2003 per arresto cardiaco dopo una visita dal dentista, la lista è lunghissima e va indietro nel tempo fino al 1967. Tom Simpson morì durante una tappa del Tour de France mentre scalava il Mont Ventoux. L'autopsia rilevò nel sangue tracce di anfetamine che ne causarono l'arresto cardiaco. Il suo fu il primo caso di morte per doping accertato nel ciclismo.
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