Poi, a una fiera orafa, la donna la presenta come sua socia. “Io non lo ero affatto - specifica - ma per educazione non ho detto nulla".
Nel 1994, la gioielleria viene dichiarata fallita.“Dopo due anni il tribunale di Torino mi estende il fallimento come socia apparente. Dopo 4 anni vengo assolta dal fallimento, ma nel frattempo mi vengono sequestrati tutti i conti. Io ero del tutto estranea: non ero iscritta alla Camera di commercio, ero una casalinga, non sono mai stata socia della gioielleria".
Nessuna prova dunque, nessun legame reale, nessun documento firmato ma ora è costretta a pagare i debiti. Schillaci, in questi anni, ha sempre difeso l’ex-moglie”. Ed è proprio di Schillaci una lettera che viene letta in studio a sostegno della tesi della Bonaccorso.
"Spero che ci sia un giudice in Cassazione - scrive Schillaci - che capisca l'assurda situazione. Questa storia va avanti da 20 anni, ho speso 100mila euro di avvocati per una questione di cui la mia ex moglie non aveva alcuna colpa".
"Mi hanno distrutto la vita, voglio giustizia", aggiunge la donna. E ancora: “Io da casa mia non uscirò mai”.
La Cassazione deciderà sulla vicenda il 9 novembre. La casa, allo stato attuale dei fatti, dovrà essere lasciata entro il 21 gennaio 2016.
"Vorrei appellarmi a tutti i giudici - dice la figlia Jessica - che hanno visto la nostra causa: siamo una famiglia, è lì che dormiamo, come fate a toglierci una casa? Ci sono tante storie in Italia che hanno bisogno di giustizia".