Addio Rita Sala, bella anima colta

Addio Rita Sala, bella anima colta
di Marco Molendini
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Martedì 29 Marzo 2016, 08:26 - Ultimo aggiornamento: 21:58

Arrivò con i suoi capelli neri e un tailleurino castigatissimo a quadrettini bianchi e neri, fresca di laurea, scelta dal critico teatrale di allora, Renzo Tian. Non se ne è più andata. I suoi tacchi hanno rimbombato nei corridoi del Messaggero per 33 anni. Era così Rita: marciava, travolgeva, dilagava, seduceva. E scriveva. Di tutto. Si occupava di teatro, ma il teatro per lei, appunto, era la vita: musica, calcio, letteratura. Era un fiume perennemente in piena. Diventammo amici, più che colleghi. Era facile scherzarci, a volte prenderla in giro con la complicità di un altro marziano come Paolo Zaccagnini, aspettare che se la prendesse (si, era permalosa) pronta a girare le spalle per poi tornare più sorridente di prima. Era buffa Rita. Una donna antica, simpatica, colta come raramente accade nelle redazioni, disponibile fino al masochismo, affettuosa, camaleontica, libera, indifesa, misteriosa. Conquistava e spariva.

 
Come quando, dopo anni di gavetta, venne assunta. Qualche settimana e scomparve. Sconforto al giornale, dove aveva già conquistato tutti. L'unico indizio era che doveva andare in Spagna. Allertammo la Guardia Civil e la gendarmeria spagnola la scovò a Siviglia, durante le celebrazioni della Semana Santa: mimetizzata fra le donne andaluse, perfettamente padrona della lingua spagnola. Si era innamorata di un chitarrista di flamenco ed era pronta a gettare tutto alle ortiche. Per fortuna si convinse a tornare. Portò con sé il chitarrista.

La vita è teatro. E quella di Rita è sempre stata teatrale. Era teatrale nel modo di scrivere, nei rapporti, nei sentimenti, nelle improvvise mutazioni. Quando tornò dalla Spagna, non aveva più i tailleurini a quadretti, era una donna flamenca, gonne larghe, colorate, gli occhi segnati da un trucco nerissimo, attorno al suo sguardo curioso, onnivoro. Uno sguardo che conquistava.

Rita era una donna senza mezze misure. Dava tutto, negli affetti come nel lavoro, con il quale aveva un rapporto sentimentale. Era seduttiva nel modo di scrivere e nelle frequentazioni di lavoro, anche importanti. Nel mondo del teatro, con Carmelo Bene, Maurizio Scaparro, Gigi Proietti, in quello della musica con Pavarotti, Renato Bruson, Placido Domingo, un direttore d'orchestra, allora giovanissimo, Paolo Carignani (con cui visse vari anni), Riccardo Muti, in quello della letteratura con Luis Sepulveda, in quello dello sport (la Roma). Ma Rita trattava tutti con la stessa passione con cui aveva firmato importanti scoop non solo di teatro. Dalle interviste ai maestri della letteratura latino americana, come Sepulveda o Marquez, a premi Nobel come Dario Fo o ai grandi campioni dello sport, fino a farsi interprete anche della crisi economica greca attraverso gli intellettuali ellenici. Operaia e principessa del giornalismo.

PS. Scusa Rita se non mi sono soffermato sulla retorica della perdita, dicendo che eri la migliore di tutti. So che mi avresti sorriso, in segno di approvazione.

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