“Il caso Kaufmann”, il processo farsa che fece storia: al Teatro Parioli va in scena l'inquinamento razziale

Giovanni Grasso è l’autore del testo, “Il caso Kaufmann da cui è tratto lo spettacolo che inaugura (24 e 25 ottobre anteprime, repliche fino al 29) la stagione del Teatro Parioli

Il caso Kaufmann al Teatro Parioli dal 24 al 29 ottobre, regia di Piero Maccarinelli
di Simona Antonucci
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Lunedì 23 Ottobre 2023, 12:24 - Ultimo aggiornamento: 12:25

«Ero alle prove dello spettacolo, quando sono arrivate le prime notizie dal Medio Oriente. Gli attori stavano lavorando alla scena in cui Kaufmann, l’anziano commerciante ebreo condannato a morte, nel 1941, per “inquinamento razziale”, affida a un cappellano la sua storia, poco prima dell’esecuzione. E confessa: “quando vedo il mio popolo cosi torturato, la mia fede vacilla...”. Non sarà facile dimenticare quel momento. Un’emozione forte che ha tolto il fiato a tutti noi, sul palco e in platea».

PIERO MACCARINELLI

Giovanni Grasso, romano, 61 anni, giornalista, saggista (nonché responsabile della comunicazione del presidente della Repubblica Mattarella) è l’autore del testo, “Il caso Kaufmann”, pubblicato da Rizzoli nel 2019, da cui è tratto lo spettacolo che inaugura (24 e 25 ottobre anteprime, repliche fino al 29, per poi trasferirsi al Carignano di Torino) la stagione del Teatro Parioli, con la regia di Piero Maccarinelli. Il debutto a Brescia (il 17 al teatro Sociale) è stato un successo, con tutte le serate sold out. Per le prime due serate al Parioli, sono attese anche figure istituzionali. Il racconto di questa storia, vera, che affronta i temi del razzismo, dell’antisemitismo e del controllo che lo Stato esercitava anche sui sentimenti delle persone, è affidato Franco Branciaroli (Leo Kaufmann), Graziano Piazza e Viola Graziosi.

GIOVANNI GRASSO

«Il romanzo risale al 1999, ci sono voluti vent’anni per riuscire a pubblicarlo. Nel 2019 arriva in libreria, Piero Maccarinelli lo legge e mi chiede di lavorare a una riduzione teatrale.

Andiamo in scena oggi, nel pieno di una crisi profonda. Del resto, l’antisemitismo è un fenomeno carsico, in alcuni momenti latente, in altri urgente. È la punta dell’iceberg di un sentimento che è la paura del diverso. E gli ebrei sono stati il capro espiatorio per eccellenza». La scena si apre nel 1941. In una cella di massima sicurezza all’interno del carcere di Stadelheim. Un condannato a morte, alla vigilia dell’esecuzione, chiede alla guardia carceraria di poter vedere il cappellano. E comincia così a ritroso il racconto di Leo Kaufmann, anziano ex presidente della comunità ebraica di Norimberga. Svela al prete che è stato condannato a morte dal Tribunale speciale di Norimberga in violazione delle Leggi dell’Onore e del Sangue del 1935, per aver commesso il reato di “inquinamento razziale”.

LA RELAZIONE SESSUALE

Nonostante Kaufmann si sia sempre dichiarato innocente, la Corte ha infatti stabilito l’esistenza di una lunga relazione di carattere sessuale con la poco più che ventenne “ariana” Irene Seidel, figlia del suo migliore amico. Per Kaufmann e per Irene, trascinati in un processo farsa, con giudici fanatici e con testimoni malevoli e inattendibili, non c’è più scampo. Lui morirà nel giro di poche ore, lei dovrà scontare quattro anni di carcere duro per falsa testimonianza, nel disperato tentativo di salvare l’anziano amico. «L’antisemitismo è una piaga incistata nella società occidentale, anzi nel mondo. Ma il nostro spettacolo verte su un tema particolare», spiega il regista bresciano, Piero Maccarinelli, 66 anni, «l’inquinamento razziale, che fondamentalmente vietava l’amore. Il controllo che lo stato totalitario esercitava sui sentimenti. Grasso sceglie di approfondire un tema poco indagato, ma estremamente interessante. Rappresentarlo per me è un piacere e un dovere civile».

HANNAH ARENDT

Una singola vita e una singola morte. Un legame innocente che non passa inosservato tra i vicini di casa, sempre più imbevuti d odio e dominati dalla paura: la macchina del sospetto si mette in moto. «Quello che mi tocca», aggiunge Maccarinelli, «è proprio l’iniziale indifferenza e poi la demenziale insensatezza della costruzione di indizi contro di lui, e l’inesorabile incedere della calunnia verso Irene. Nell’importante saggio “Come si diventa nazisti”, William Sheridan Allen sostiene che il primo sintomo è l’indifferenza, o meglio, il non voler vedere torti subiti da altri. A me è sempre sembrata una verità esemplare: in microscala, che poi, in macroscala sarebbe diventata, per dirla con le parole di Hannah Arendt, la Banalità del male».

CRISTINA COMENCINI

Il racconto, che nel libro procede in senso cronologico, in scena comincia dalla fine e si sviluppa attraverso dei flashback dei momenti salienti. «Sono molto soddisfatto del risultato», aggiunge Grasso, «Con Maccarinelli avevo già lavorato nel 2019 per “Fuoriusciti”, un mio testo sull’incontro tra Sturzo e Salvemini in esilio. “Il caso Kaufmann” è la seconda volta. Mi auguro ce ne sia una terza. Il suo impegno nel proporre sul palco lavori contemporanei è straordinario. E io ho sempre amato il teatro. Da bambino il mio gioco preferito erano le marionette. Al teatro Parioli ci venni la prima volta a 10 anni, con mia madre, a vedere Peppino de Filippo, “La lettera di mammà”. Ora sto lavorando a un testo contemporaneo, una sorta di giallo esistenziale. Lo sto scrivendo come romanzo, ma già impostato per una possibile versione teatrale». Di 120 spettacoli messi in scena da Maccarinelli (anche direttore artistico del Parioli dal 2021), 100 sono di drammaturgia contemporanea. «Porto la croce dell’innovazione», scherza il regista, che ha inserito nella stagione del suo teatro prove di scrittura di autori non teatrali. «Mencarelli, Malvaldi, ma anche Cristina Comencini con presenta un testo nuovo, “I turni”. Nei prossimi mesi avremo “Il Figlio” di Zeller, “Farà giorno” di Rosa A. Menduni. E Il pubblico c’è».

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