Francesco Rosi, da Napoli milionaria a Filumena Marturano: tanti successi anche a teatro

Francesco Rosi, da Napoli milionaria a Filumena Marturano: tanti successi anche a teatro
di Rita Sala
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Sabato 10 Gennaio 2015, 18:56
Con il teatro, Francesco Rosi ha cominciato la sua carriera nel mondo dello spettacolo, stringendo amicizia, nella Napoli della guerra, con Raffaele La Capria, Aldo Giuffré, Giuseppe Patroni Griffi e Giorgio Napolitano.

Nel 1946, come assistente di Ettore Giannini, curò l’allestimento teatrale di ’O voto di Salvatore Di Giacomo. Poi, fagocitato dal grande cinema, abbandonò per decenni il palcoscenico, tornando alla regia teatrale con un trittico di Eduardo De Filippo: Napoli milionaria, Le voci di dentro e Filumena Marturano, protagonista di tutti e tre i titoli Luca De Filippo, compagno di sua figlia Carolina.

In Napoli milionaria! o sguardo di Rosi si posò sulle rovine materiali e morali di una città e di un popolo alla fine del conflitto mondiale.



Le voci di dentro hanno poi “scavato” in interni, sono entrate nelle case e scese nei sotterranei, radiografando, della città del Vesuvio, una martoriata psicologia collettiva.



Per chiudere il cerchio, una Filumena Marturano con Lina Sastri e Luca nel ruolo di Domenico Soriano per la quale Rosi volle una messinscena scarna, statica, priva di oleografia, giusta per esaltare i due caratteri centrali: Filumena pragmatica e passionale, madre immensa, femmina “di vita” capace di innamorarsi di uno dei suoi amanti; Don Mimì coi soldi in tasca, i bei vestiti, le scarpe lucide, amatore e farfallone ricondotto alla verità della cose e all’obbligo di maturare.

Dirigendo John Turturro nel film La tregua, Rosi fece conoscere Questi fantasmi all’attore americano. La commedia maturò a lungo nell’artista, tanto che Turturro la interpretò in teatro nel 2006, con la regia di Roman Paska, a New York e a Napoli, e ne fece anche una versione cinematografica due anni più tardi, con il titolo Souls of Naples.



Restano in mente le parole di Rosi in occasione della “prima” della sua Napoli milionaria! al San Carlo di Napoli. Sulla scena (firmata Enrico Job), il lettone con la spalliera di ferro sotto il quale donna Amalia conserva farina, fagioli e caffé da vendere al mercato nero. Via vai di gente nel vicolo e in casa. Tutto vivo, vero, reale. Sembrava di starci, a tavola con Settebellizze, Amalia e il redivivo don Gennaro, che vorrebbe raccontare gli orrori visti e patiti in guerra, ma viene tacitato e invitato a bere, a mangiare, a dimenticare. E fu di ogni spettatore la tazza di caffé caldo che Gennaro mette in mano alla moglie prima del fatidico epilogo: Ha da passà 'a nuttata.



Commentò il regista: «Eduardo, nel 1945, scrisse la commedia di getto, guardando le rovine della sua città martoriata. Renzo Rossellini, poco tempo dopo, realizzò Roma città aperta. Teatro e cinema, in Italia, raccontavano in tempo reale i fatti che avevano appena sconvolto il Paese, opponendo ad essi i valori ricostruttivi: amore, onestà, solidarietà, rispetto della legge... Valori che le guerre travolgono e che, anche oggi, bisogna riportare in primo piano».

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