Recita una parte, Barbareschi e dopo lo scandalo creato dall'emendamento passato l'altro ieri alla Camera, con l'ok della commissione Bilancio, un emendamento del valore di otto milioni di euro, 4 all'anno fino al 2018, fondi in linea con il più grande stabile d'Europa, il Piccolo di Milano, non potrebbe essere altrimenti. Lo spettacolo italiano soffre la difficile congiuntura economica e l'Eliseo, di cui Barbareschi rilevò il ramo d'azienda dalla famiglia Monaci nel 2014, festeggia.
Prima del suo avvento, il teatro riceveva circa un milione e mezzo di euro l'anno. Dopo, con la riforma Franceschini dello Spettacolo dal Vivo (denari erogati ormai in base a stretti parametri e a risultati precisi,) gli emolumenti diminuirono di un milione netto fermandosi a poco più di 515mila euro. Una cifra che fece imbizzarrire Barbareschi, spingendolo a gridare pubblicamente al complotto, a urlare ai quattro venti le imminenti esequie del suo esperimento artistico affossato dalla politica, ad agitarsi e a mostrarsi anche fisicamente di fronte ai nemici per dare corpo e sostanza all'indignazione. E alla fine- dopo molti sms a tinte forti e platealmente drammatici alle più alte cariche dello stato italiano e anche d'Oltrevere, utili a perorare la propria causa e a qualche intemerata estiva fuori bordo- a ritornare alla politica già esplorata da parlamentare, in una circolarità di amorosi sensi che a ben vedere, è l'humus e il fondamento di una rimpianta stagione della commedia all'italiana.
SORPASSO E SANZIONE
La vicenda dell'Eliseo purtroppo non è un film di Dino Risi e il sorpasso di Barbareschi, la sua corsia preferenziale, «l'iniqua ingiustizia» denunciata dalle associazioni di categoria con Agis e Federvivo in prima fila, resta un problema- meglio dire una gigantesca grana- sul tavolo di Dario Franceschini. Il ministro era convinto di aver sanato le brame di Barbareschi con la concessione di un milione di euro extra-Fus faticosamente reperiti tra le risorse del dicastero. Si illudeva che riportare l'Eliseo ai livelli di finanziamento precedenti all'arrivo di Barbareschi bastasse. Invece non è bastato perché l'uomo non si accontenta e sa trovare strade alternative.
EQUIVOCI E SORPRESE
La più impervia, quella del Ministero dell'Economia e delle Finanze, abituato a dire sempre No per tenere i conti in ordine si è trasformata in autostrada perché nonostante il parere contrario di Pier Carlo Padoan, Barbareschi ha trovato ascolto e aiuto nei solerti funzionari di quel ministero (i cosiddetti signor No della spesa pubblica, in tutti gli altri casi), ascolto decisivo per fare passare l'emendamento.
A sentire i bene informati, la norma è passata all'insaputa stessa dei deputati del Pd chiamati a votarlo e inconsapevoli degli effetti dello stesso e con il parere tentennante del vice ministro Morando (consapevole?) lì per delega di Padoan. Miracoli della Ragioneria. Sia come sia, la disfida è appena iniziata. Barbareschi punta a far diventare strutturale un finanziamento pubblico che essendo erogato a una società privata, a differenza degli altri teatri finanziati dallo stato , ha costi e spese di gestione impossibili da controllare. Probabilmente sono calunnie, ma il finale di partita, come suggeriva Beckett, è ancora tutto da scrivere.
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