Conquista Siracusa l'Eracle al femminile di Emma Dante

Maria Giulia Colace in Eracle al teatro antico di Siracusa
di Simona Antonucci
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Sabato 12 Maggio 2018, 20:21 - Ultimo aggiornamento: 21 Maggio, 16:57

dal nostro inviato
SIRACUSA Blocchi di marmo chiaro si stagliano su un tramonto da Grand Tour. Pale a forma di crocifisso spingono l'acqua in vasche di pietra battendo il ritmo dell'attesa. La scena, un cimitero, un altare senza tempo, è attraversata dagli sguardi immobili di defunti che da centinaia di ritratti accolgono gli spettatori all'inaugurazione del festival del dramma antico a Siracusa. E scrutano i protagonisti, anzi le protagoniste, di questo Eracle al femminile, da Euripide, diretto da Emma Dante, primo titolo di una stagione che ha raddoppiato le produzioni rispetto allo scorso anno e allungato la programmazione fino a due mesi, proponendosi come un vero e proprio festival.
 

 

IL CORTEO
Un corteo tarantolato e profumato di incenso interrompe il silenzio: sfilano guerriere in armatura, una comunità di donne che aspetta lo sterminio e il coro di tebani, unici uomini in scena, ingobbiti da un destino ingrato e incalzati da una musica inquietante come la storia che vanno a raccontare. Con un eroe, Eracle, che tarda a ritornare dalle tenebre e a sciogliere l'assedio di un re sanguinario che minaccia la fine di un'armonia. Una moglie, Megara, in attesa del suo uomo che appartiene più al mito che alla casa. Tre ragazzini, figli di un padre impegnato in epiche fatiche che si proteggono dal fato dietro le gonne di una madre fiera. E un anziano nonno, Anfitrione, che seppur appesantito dagli acciacchi, espande il suo carisma, occupando il vuoto lasciato dal semidio viaggiatore.

LA SCENA
Una rilettura attenta che offre suggestioni disseminate in un'ora e mezza di spettacolo sospeso tra poesia (Megara immersa nella vasca tra schizzi d'acqua che volano come sogni di salvezza), ironia (Eracle, un pupone siciliano pieno di sé, accecato dalla sua folta capigliatura, quasi fosse un velo tra la realtà che non vede e il suo robusto e pericoloso superio che non contiene) e attualità, ricreando una società di persone, e non di uomini e donne, che fa appello più alla potenza della sensibilità e del coraggio che non alla forza dei muscoli e dell'arroganza.

Il marmo perlato che incombe sulla scena è lo stesso utilizzato per le gradinate del teatro antico e chiude in un anello immaginario il palco e la platea, personaggi del mito e un pubblico numeroso e caloroso, indicando un cammino circolare che attraversa due mondi, l'aldilà e l'aldiqua, il regno dei morti e il regno delle passioni. Un ponte tra passato e presente, tra testi classici e teatro contemporaneo, lungo il quale un sorprendente cast fa rivivere la tragedia di un fragile semidio, invincibile, solitario e nevrotico, inconsapevole assassino della moglie e dei suoi figli.
Da eroe, simbolo della forza e della eterna durata, Eracle sorge dal marmo, proprio come le statue che lo immortalano, ma ha la schiena nuda e i fianchi morbidi.
Una donna, come tutti gli altri interpreti, cui la regista palermitana ha chiesto di misurarsi con la leggenda, in un gioco teatrale, con regole nuove, o forse a specchio con quelle che per secoli hanno imposto attori maschi anche in ruoli femminili. Gli spettatori hanno accettato la sfida della regista palermitana che ancora una volta ha scelto di dire la sua, applaudendo al suo eroe-eroina così umano, così uomo.

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