Sanremo, il senso di Fazio e Littizzetto per la gara

di Luca Ricci
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Venerdì 21 Febbraio 2014, 12:09 - Ultimo aggiornamento: 12:15
La terza serata del Festival, dopo un doveroso omaggio al compositore Claudio Abbado, parte finalmente dalla gara. Il problema per pi ampio della singola serata. Come credere a una competizione che per ben due giorni è stata snobbata e di fatto relegata ai margini delle zone share? E ancora: sta in primo luogo al presentatore prendere sul serio l’avvicendamento dei cantanti sul palco, quella tensione e quell’emozione speciali (per fortuna c’è rimasto qualche cantante che ancora ci crede: le posture rigide, le gole secche, gli occhi sbarrati sono emozionanti).



Diciamo che con Fabio Fazio e Luciana Littizzetto, per il resto molto scafati, sul palco dell’Ariston non si respira esattamente una suspense Hitchochiana. Il punto è che scherzano, ridono, si danno di gomito come due compagni di banco. E’ il loro modo, ampiamente rodato, di costituirsi come coppia comica: Littizzetto dice le parolacce e Fazio è ben educato; Littizzetto è incendiaria e Fazio fa il pompiere; Littizzetto svacca e Fazio si erge a finto censore. Quanto a pochezza rispetto al Festival inteso come gran cerimonia laica, sono riusciti a fare peggio solo Bonolis e Laurenti (informali quanto artefatti). Insomma si rimpiangono le svariate edizioni nazional-popolari di Pippo Baudo, che se non altro sapevano tenere insieme serietà, gioco, bluff.



E a proposito di bluff la terza serata ha offerto su un piatto d’argento la spiegazione del perché in tanti hanno creduto che l’episodio degli operai suicidi di martedì fosse una messinscena. A un certo punto un signore si è alzato dalla platea e ha cominciato a inveire contro Fazio: “Basta parlare, vogliamo più musica!”. Apparentemente un’altra contestazione, invece no. Il signore, insieme a diversi altri in platea, faceva parte di un gruppo vocale che ha cantato un medley di canzoni. Se tutti in quel momento hanno pensato che un flash mob concordato potesse essere spontaneo, allo stesso modo è stato possibile pensare che la protesta (probabilmente) vera degli operai in realtà fosse finta. Non si tratta di credere o non credere alla serietà di Fazio: il problema riguarda il linguaggio televisivo e le regole interne che presiedono alla rappresentazione di un varietà.



Il miglior momento del Festival insomma ha spiegato meglio di qualunque articolo scritto in questi giorni (e per bocca dei suoi stessi autori!) che in televisione non ci vuole niente a modificare la percezione di ciò che viene mandato in onda. Basterà citare lo splendido crossover di mia nonna, la quale dopo aver visto la scena ha esclamato: “Ma quindi gli operai della prima serata li ha assunti il Festival come cantanti?”.



Dulcis in fundo i giovani. La mia modesta proposta per l’anno prossimo, anche per ridare un po’ di mordente alla tenzone, è quella di spostarli direttamente all’alba, metterli dentro Uno Mattina.