Il jazz italiano e l'emergenza. Parlano musicisti
e organizzatori. Gli appuntamenti social

Il jazz non si ferma tra progetti e appuntamenti social
di Leonardo Jattarelli
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Mercoledì 22 Aprile 2020, 19:19 - Ultimo aggiornamento: 20:34
“Non buttiamoci giù” recita il titolo di un romanzo di Nick Hornby, grande appassionato di musica. Ma le cifre della musica, appunto, al tempo della pandemia non sono certo rassicuranti, anzi. Le principali associazioni che rappresentano la filiera imprenditoriale del settore, soprattutto il live, le case discografiche, gli editori musicali, si sono fatti sentire nei giorni scorsi e hanno trasmesso al Presidente del Consiglio Conte e ai ministri dei beni Culturali e dell’Economia, Franceschini e Gualtieri, un documento nel quale propongono una serie di interventi evidenziando lo stato di crisi dell’intero comparto e la necessità di misure urgenti. Le associazioni firmatarie, Afi, Anem, Assomusica, Fem, Fimi e Pmi hanno descritto una situazione drammatica che potrebbe protrarsi per molti mesi, soprattutto con riferimento al blocco degli eventi. Chiedono, quindi, tempi certi per programmare la ripartenza. Assomusica stima che a fine stagione estiva ammonteranno a circa 350 milioni di euro le perdite per il solo settore del live. A questo danno, vanno aggiunte poi anche le perdite legate all’indotto, circa 600 milioni di euro. Tra le proposte, l’aumento del fondo emergenze a 200 milioni; un contributo a fondo perduto per i mesi perduti a causa del lockdown alle imprese musicali, la sospensione di tasse e contributi per le industrie del settore musica per l’esercizio 2020, la creazione di un bonus cultura per le famiglie, Iva al 4% per la musica e lo spettacolo. 


Nell’infinito mondo della musica, l’eccellenza italiana del jazz riconosciuta da sempre a livello internazionale cerca di organizzarsi per l’oggi e di pensare all’immediato futuro tra scommesse, problemi, rischi, grande volontà di ripresa. Abbiamo provato, tanto per iniziare, a metterci dalla parte di chi sta dietro il palcoscenico, di chi organizza, gestisce, investe. Eugenio Rubei, patron del celebre Alexanderplatz Jazz Club di Roma fondato dal padre, il mitico Giampiero Rubei, si è mosso da subito, fin dai primi sentori della crisi: «La situazione attuale per noi del jazz è molto chiara - dice Eugenio -. Come tutti seguiamo le regole. Questo comporta dei sacrifici. Noi abbiamo scelto di fare questa vita, ci piace essere apprezzati per quello che suoniamo e per come lo organizziamo, viviamo di pane come tutti ed è ovvio che la stragrande maggioranza di noi non si arricchisce». Oggi come si presenta la situazione? «Siamo smarriti proprio perché ci manca l’elemento vitale: il contatto con la gente». L’alexanderplatz è stato tra i primi locali ad organizzarsi per l’emergenza: «Abbiamo “suonato” fino al 7 marzo scorso, chiudendo con uno splendido concerto di Cinzia Tedesco dedicato a Puccini in jazz. Ma già da due settimane avevamo attuato le nostre misure di contenimento in completa autonomia». In che modo? «Il primo provvedimento è stato quello di scaglionare gli ingressi, due o tre set da un’ora ciascuno con inizio alle 20.30; si entra da un ingresso e si esce da un’altra porta. Quaranta spettatori al massimo per set, tutti seduti ai tavoli a distanza di un metro, bancone del bar chiuso, nessuna persona in piedi, sanificazione delle toilette durante ora di lavoro, Amuchina disponibile ovunque». 
La risposta? «E’ andato tutto bene. Da persone educate e civili, il pubblico del jazz ha risposto alla grande e siamo in grado di continuare sulla stessa strada». A cosa sta pensando per proseguire? «Per l’estate romana abbiamo confezionato un progetto all’avanguardia perfetto nella direzione artistica e tecnica e nel rispetto assoluto delle regole di sicurezza, consapevoli che Roma deve essere da esempio per tutti. Sarebbe molto importante per noi avere un confronto diretto con le istituzioni e anche ricevere in breve tempo le risposte che tutti stiamo cercando. E’ la chiarezza, in tempo di Covid-19, che fà la differenza».

In un virtuale collegamento tra i più grandi jazzisti italiani, immaginate ora di sezionare questo articolo in tante finestre online: questi sono i contributi e i commenti che abbiamo raccolto. E le testimonianze di chi sta organizzando esperimenti social sulle diverse piattaforme.


Stefano Di Battista

«Penso che il momento sia molto difficile e più difficile ancora è prevederne l’esito, cioè il futuro. Sarebbe davvero bello realizzare il sogno di tornare a suonare, cantare e godere della ricchezza che l’arte dona agli essere umani e che ci fa sentire speciali, unici anche se uniti al resto del mondo. La musica, il jazz, ci rendono liberi e pensanti avventurieri, insomma, uomini e donne liberi. Rinunciare a tutto questo risulta davvero impossibile. Dobbiamo sperare che i tempi lunghi ci permettano una buona ripresa; l’estate romana può, in questo senso, operare da volano, consolandoci di tanta fatica e paura».

Roberto Gatto

«Tutti noi del mondo della musica ci auguriamo fortemente di poter tornare ad esibirci presto nei luoghi dove abbiamo sempre operato. Credo che, tenendo in considerazione tutte le misure di sicurezza necessarie, sarebbe auspicabile considerare almeno di poter riaprire i luoghi all’aperto durante la stagione estiva. Ci auguriamo soprattutto che le istituzioni preposte non si dimentichino di noi».

Riccardo Fassi

«Stiamo vivendo un momento di emergenza globale dovuta ad un fattore imprevisto ai più, anche se il presidente Barack Obama e Bill Gates circa cinque anni fa avevano, in momenti diversi ovviamente, parlato della necessità di fronteggiare in futuro epidemie da virus come la Sars. In questa drammatica situazione, vediamo migliaia di morti da Covid 19 nel mondo, e oltre 3 miliardi di persone bloccate a casa in quarantena. Sono naturalmente sospese le attività artistiche dal vivo come la musica jazz di cui mi occupo personalmente, cosi come tutti i generi musicali, il teatro, la danza e tutte le forme di live perfomance. Moltissimi musicisti, tra i quali anche il sottoscritto, hanno prodotto dei concerti o registrazioni video poi trasmessi su Youtube e Facebook, che in questo momento sono i mezzi più immediati per portare musica alla gente. Credo che la tv potrebbe dare maggiore spazio al jazz, un genere musicale che normalmente non è presente nei palinsesti. In particolare, mi permetto di suggerire, Rai5 potrebbe fare molto di più, trasmettendo performance di musicisti jazz attraverso video ed eventuali trasmissioni musicali dedicate al jazz di cui è pieno l’archivio Rai con le migliaia di registrazioni storiche dagli anni 50 in poi. Un aiuto potrebbe darlo anche Rai Storia.
Questo potrebbe colmare, almeno in parte, il vuoto attuale dei concerti dal vivo e restituire al pubblico a casa un pò di musica di qualità. Per quanto riguarda i concerti live, sperando che si possano fare all’aperto durante l’estate, si dovrebbero studiare degli spazi adatti con possibilità del pubblico di stare in sicurezza e distanziati. Data la difficoltà di spostamenti e voli aerei, si prevede che in Italia vengano annullati quasi tutti i concerti estivi con artisti provenienti dall’estero. Quindi, in questo caso, i musicisti jazz italiani potrebbero svolgere un ruolo importante nell’offrire al pubblico musica di qualità».

Fabrizio Bosso

«E’ complicato trovare delle soluzioni per poter riprende a fare musica dal vivo. Un espediente, sicuramente, potrebbe essere quello di concerti suddivisi in più set con l’ingresso scaglionato del pubblico».

Pierpaolo Principato

«E’ un periodo difficile e prezioso allo stesso tempo.Una circostanza molto complessa se non addirittura drammatica in molti casi: se non si può suonare, non si può guadagnare e si fatica a tirare avanti. Poi ovviamente ognuno ha una sua particolare condizione. Questa situazione mette in evidenza come i musicisti di jazz siano sprovvisti di qualsiasi rete di protezione e di tutela. Non possono chiedere alcuna forma di sussidio perché il sistema, così com’è, favorisce un lavoro sommerso. Questo è dovuto ad un eccesso di costi per il musicista o per il gestore del locale o per entrambi e tutto ciò tende a scoraggiare se non a rendere molto difficile una emersione senza la quale il musicista non può dimostrare la sua attività lavorativa, venendo automaticamente escluso da qualsiasi forma di tutela. Questo è un primo punto da affrontare subito: cioè come poter ripartire questi costi, dividendoli tra organizzatore, musicista e Stato che deve sostenere la “cultura”. In queste settimane si sono messe in campo diverse iniziative da parte di associazioni di musicisti come ad esempio il Midj, per cercare sia soluzioni immediate che di più ampio respiro.
Poi c’è l’altra faccia della medaglia, la fortuna cioè di avere questa passione. Il musicista ha la musica che lo sostiene: può suonare, studiare, comporre, registrare e mettere in gioco tutta la sua creatività. La mia situazione personale per la verità è tranquilla perché se da un lato ho perso moltissimi concerti che avevo in programma, dall’altro ho un’attività didattica molto intensa: con il Saint Louis, dove insegno, ho potuto proseguire da casa con i corsi on-Line. Dal punto di vista strettamente performativo sto facendo delle registrazioni a distanza, addirittura con organici molto grandi come la Big Band, che via via pubblichiamo sui vari canali social. Questa attività a distanza, performativa e didattica, rappresenta il risvolto positivo di questa situazione. Personalmente sto migliorando la mia capacità di utilizzare la tecnologia in questo ambito che, sono sicuro, potrà rivelarsi molto utile anche ad emergenza finita».

Rosario Giuliani

«Sono consapevole che stiamo vivendo un momento molto difficile e che tutte le attività, senza distinzione di categoria, hanno bisogno di ripartire. Credo però che dovremmo avere risposte adeguate circa le modalità e i tempi di riapertura di club, teatri e festival. Il mondo del jazz, del quale fanno parte migliaia di lavoratori, vive nella totale incertezza, condizione che ci auguriamo non si protragga ulteriormente».

Antonello Salis

«L’attuale situazione, lo scenario di questi mesi, pongono una prospettiva diversa per il live. Il nostro linguaggio è il jazz. Salvaguardare la musica è l’occupazione della filiera è importante. Ricominciare a suonare davanti ad un pubblico vero, osservando le opportune regole del distanziamento sociale, in luoghi adibiti allo spettacolo dal vivo. Auguro a tutti di poter ripartire in sicurezza al più presto, anche per inviare un messaggio di speranza è fiducia nel futuro. W il Jazz!!».

Riccardo Arrighini

«Come tutti i miei colleghi sono fermo per l'emergenza Coronavirus. Prima che accadesse tutto questo, stavo vivendo con il mio pianoforte un periodo di lavoro davvero entusiasmante grazie a vari progetti che curo da tempo insieme al mio manager Vincenzo La Gioia, titolare dell'agenzia Stilnovo, dedicata ai musicisti jazz. Lo stop forzato mi ha costretto a fermare le esibizioni dal vivo, ma non ho mai smesso di studiare, ricercare, scrivere, progettare musica. La sensazione è che, complice appunto il virus, tutto si stia spostando su Internet. Se già prima, accanto ai live, il web ci permetteva di divulgare la nostra musica adesso è diventata una priorità. Ognuno di noi infatti sta provando a "reagire" in questo senso organizzandosi con delle "dirette" da casa, spesso anche in 2 o 3 musicisti (ovviamente a distanza) per poter continuare a "vivere" le emozioni legate alla performance, e credo che questo periodo non finirà tanto presto quindi sarà necessario appunto "spostare" tutto lì al fine di non fermarsi completamente. Ad esempio Vincenzo sta ultimando i lavori di progettazione di una nuovissima piattaforma streaming, denominata "Stilnovo Virtual Stage” che, come suggerisce il nome, possa appunto mettere insieme i musicisti in veri e propri concerti virtuali. Certo, la situazione è molto preoccupante soprattutto dal punto di vista economico, perché noi jazzisti in questa fase non percepiamo reddito alcuno, non potendo né insegnare (tranne quei pochi allievi coraggiosi che accettano lezioni on line) nè suonare e, ripeto, chissà per quanto tempo ancora. Ma sono convinto che usciremo presto da questo tunnel e che le opportunità e l'aiuto che ci dà il web nei modi sopra descritti - se ci crediamo e ci applichiamo - possa diventare a breve termine un vero e proprio punto di svolta. 

Gli esperimenti social


Si intitola #JazzHome. Il jazz non va in quarantena, il diario online della batterista Cecilia Sanchietti che andrà avanti fino al 30 aprile: «Sono stata contattata dall’Istituto Italiano di Cultura di Stoccolma, con il quale avevo già lavorato in passato, che mi ha chiesto un racconto a puntate che si concluderà il 30 aprile in occasione dell’International Jazz Day, la giornata internazionale dedicata al jazz promossa dall’Organizzazione Mondiale delle Nazioni Unite. Giorno per giorno, condivido con il pubblico dell’IIC e con quello online di diverse piattaforme, una personale riflessione scaturita da una declinazione del jazz e legata al momento storico che stiamo vivendo, regalando infine un po’ di musica.
Oggi i locali chiudono, non ci sono concerti, i Festival interrompono le programmazioni e cancellano i palinsesti, le scuole e i conservatori sospendono le lezioni: il ritorno umano ed economico di questa pandemia è enorme. Le difficoltà sono tante, così come spesso i momenti di sconforto. Il jazz riflette e si muove, per sé stesso e per gli altri, perché non potrebbe essere altrimenti, cercando di superare anche solo virtualmente le distanze tra le persone, inventando nuove connessioni per trasmettere emozioni, informazioni, cultura, musica, educazione. Mi hanno guidata anche queste parole di André Coeuroy e André Schaeffner: “Invano chiuderai le orecchie al jazz. Il jazz è vita. È arte. È melanconia di passioni. È noi oggi”». I prossimi appuntamenti con #JazzHome. Il jazz non va in quarantena: Il Jazz, a volte, è silenzio e paura (23 aprile); Il jazz è necessità forte di farlo circolare (24 aprile); Il jazz è formazione ed informazione al pubblico (25 aprile); Il jazz è politica (26 aprile); Il jazz è solidarietà (27 aprile); Il jazz è promozione e Radio (28 aprile); Il Jazz è, a giorni, ispirarsi (29 aprile); Il jazz è educazione per i più piccoli (30 aprile, Giornata Internazionale del Jazz).

Antonio Donatone con la Ciribiribin Italian Swing Orchestra, ha dato il via in questi giorni ad una sorta di “tour” virtuale sui social: «La Ciribiribin Italian Swing Orchestra è un progetto ideato da Andrea Tardioli quasi dieci anni fa, con l’idea di rivisitare, in chiave ironica, il repertorio delle canzoni italiane ispirate allo swing americano e ad altri generi di importazione. I componenti della formazione, oltre ad Andrea Tardioli al clarinetto e ai sassofoni, sono l’attore e cantante Coky Ricciolino, il pianista Dario Pierini, la contrabbassista Flavia Ostini ed il sottoscritto alla batteria. Nel 2014 abbiamo presentato un nostro spettacolo dal titolo “Do you swing italiano?” all’Auditorium Parco della Musica di Roma dal quale è tratto anche un cd live. Si tratta della storia della canzone swing italiana dagli Anni ’20 ai giorni nostri, con aneddoti, gag e colpi di scena. Il gruppo è un laboratorio di idee in continuo fermento e in questa fase di sospensione forzata delle attività, abbiamo convogliato le nostre energie nella realizzazione, in casa, di due video (grazie a Coky che è anche un esperto videomaker), in cui proponiamo due brani intramontabili della canzone italiana, con una rilettura ironica del testo ottenendo un sorprendente seguito sul web. I video sono pubblicati sulla nostra pagina Facebook Ciribiribin Italian Swing Orchestra.
La crisi? A parte ogni considerazione sulle modalità ipotizzabili della ripresa (mascherine, distanza) già poco compatibili con gli appuntamenti legati alla musica (feste, concerti, ballo), mi sembra evidente che sino a che serpeggerà l’insicurezza e la paura del contagio, non potremo riappropriarci dello spirito giusto, indispensabile per godere di questo tipo di eventi.
L’aspetto economico in questo settore è particolarmente delicato vista le già esigue possibilità lavorative in tempi normali. Un atteggiamento solidale da parte di tutti, come è stato già detto, potrebbe essere quello di acquistare la musica originale anziché scaricarla gratuitamente».
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