Coma Cose, stasera concerto streaming a Milano: «Noi, caparbi e fortunati»

Coma Cose, stasera concerto streaming a Milano: «Noi, caparbi e fortunati»
di Mattia Marzi
5 Minuti di Lettura
Mercoledì 7 Luglio 2021, 12:26 - Ultimo aggiornamento: 19 Febbraio, 21:57

Fino a pochi anni fa un progetto come il loro difficilmente avrebbe trovato spazio nel mainstream: troppo indie per il pop, troppo pop per l'indie. Evidentemente ad un certo punto il grande pubblico ha cominciato ad avere voglia di novità. E le piattaforme streaming hanno permesso ad artisti autoprodotti, partiti dal basso (proprio come loro), di ambire a fare il salto. Oggi i Coma Cose vanno a Sanremo, conquistano le radio, scalano le classifiche ("Fiamme negli occhi" è Disco di platino per l'equivalente di 70 mila copie vendute). E all'ingresso dei loro concerti si staccano parecchi biglietti. Quello di questa sera del duo composto da Fausto Lama (vero nome Fausto Zanardelli, 42 anni) e California (Francesca Mesiano, 31), al Carroponte di Milano, che ha fatto registrare il tutto esaurito, sarà trasmesso in diretta streaming su LIVENow: i biglietti sono disponibili sul sito della piattaforma al costo di 9,90 euro per il biglietto standard e 14,90 per il ticket che dà la possibilità ai fan di accedere ad un esclusivo pre-show e ad un incontro virtuale con i Coma Cose.

Dai numeri vi state accorgendo che qualcosa è cambiato, nella vostra carriera?

C: "Sì.

E non solo da quelli. Appena usciamo di casa ci fermano: foto, autografi. Ci dicono: 'Ma dove eravate, fino ad oggi?'".

Appunto: dove eravate?

F: "Io prima dei Coma Cose avevo provato a svoltare con alcuni progetti come cantautore. Mi facevo chiamare Edipo. Ma il successo non arrivava. Nel 2014 provai anche la carta Sanremo, tra i giovani: in fila con me c'erano anche Coez e Levante. Nessuno dei tre riuscì ad entrare. Forse quel progetto non era destinato a incontrare il gradimento del pubblico". C: "Io, invece, facevo la dj a Pordenone e dintorni. Ci siamo conosciuti in un negozio a Porta Ticinese, a Milano. Lavoravamo entrambi lì come commessi: vendevamo borse e accessori. Era il 2016".

Cominciaste a fare musica insieme, poi arrivò l'amore: come nacque tutto?

C: "Fausto mi fece sentire alcuni brani che aveva registrato. Era demoralizzato e per tirarlo su gli dissi: 'Cerchiamo di farli uscire'. Mi proposi per incidere i provini. Ci accorgemmo subito che c'era un'alchimia speciale, che con le sue rime e i miei ritornelli quelle canzoni funzionavano".

E il nome?

C: "Raccontava bene la nostra condizione psicologica in quel momento: eravamo disillusi".

Vi siete licenziati?

C: "No: il negozio ha fallito. Con la liquidazione e due spicci che avevamo da parte ci siamo detti: 'Dedichiamo a questo progetto più energie e risorse'. Con le prime demo abbiamo bussato alle porte di quella che è ancora oggi la nostra etichetta, Asian Fake, appena fondata a Milano".

Siete stati più fortunati o più caparbi?

F: "Entrambe le cose. Caparbi nel credere che questo progetto, con queste caratteristiche rocambolesche, potesse aggiungere qualcosa in più alla musica italiana contemporanea. Ci dicevano: 'Ma che musica fate?'. Poi quel limite è diventato il nostro punto di forza: 'Che figa, la musica che fate'".

E fortunati, invece, in cosa lo siete stati?

F: "Nell'essere usciti in un periodo storico che ha fatto in modo che i Coma Cose diventassero un fenomeno pop". Si spieghi meglio. F: "Lo streaming ha assecondato la voglia del pubblico di scoprire nuovi linguaggi musicali, diversi da quelli che avevano spadroneggiato le classifiche negli ultimi cinque anni".

Quella scena oggi sembra essersi esaurita, non trovate?

F: "Sì: è satura, ci sono troppe proposte ormai".

È un bene o un male?

F: "I social aprono le porte del successo a tutti, ma non c'è selezione all'ingresso: difficile che tutti riescano a svoltare, così". C: "Speriamo che non tornino in auge i talent".

Sono già tornati: Sangiovanni è un fenomeno inarrestabile. Il pop classico reagisce?

F: "La televisione, per assurdo, in questo momento è più forte dei social: ti mette di fronte ad una scelta, aiuta a selezionare".

E Sanremo?

F: "Ha una forza incredibile: guardate che effetto ha avuto sul nostro progetto (ride)".

Il Festival ha una potenza di per sé o il lavoro fatto da Baglioni prima e da Amadeus poi ha rilanciato il marchio?

F: "Sicuramente negli ultimi tre o quattro anni qualcosa è cambiato. Ricordo il Festival di Baglioni con Zen Circus e Motta in gara: fu un momento di rottura. Fino a pochi anni fa era come se Sanremo fosse un mondo a sé, disposto ad accogliere solo un certo tipo di musica. Oggi è lo specchio della canzone italiana attuale".

Vi sentite più Al Bano e Romina o Aleandro Baldi e Francesca Alotta?

C: "Nessuno dei due. Al limite 99 Posse. Oppure i Die Antword, il duo sudafricano al quale ci siamo ispirati quando abbiamo iniziato a fare musica insieme".

Tornerete in gara al Festival l'anno prossimo?

F: "Non ci dispiacerebbe. Magari in duetto con Al Bano e Romina (ride). Diventeremo i nuovi ABBA. Oppure i Ricchi e Poveri del 2022".

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