“Stazione Omicidi. Vittima Numero 3”: la Roma oscura di Massimo Lugli nell’ultima puntata del suo noir

“Stazione Omicidi. Vittima Numero 3”: la Roma oscura di Massimo Lugli nell’ultima puntata del suo noir
di Sabrina Quartieri
4 Minuti di Lettura
Venerdì 9 Settembre 2016, 15:27 - Ultimo aggiornamento: 12 Settembre, 20:58

A 20 anni aveva visto più morti di un becchino, più feriti di un barelliere, più incendi di un pompiere. Perché la sua passione, da sempre, è andare sui posti, litigare, intervistare la gente, parlare coi poliziotti, bussare a casa di parenti e testimoni, essere svegliato di notte da una telefonata che ti spedisce su un omicidio. E di questa passione Massimo Lugli ne ha fatto un mestiere. Anzi, due: cronista di nera per oltre 40 anni di un importante quotidiano romano e abile narratore, Lugli non poteva che scegliere la Capitale per raccontare la storia di “Stazione Omicidi”. Un romanzo sulla malavita pensato come trilogia, che ci ha tenuti col fiato sospeso per tutta l’estate, in attesa dell'uscita di “Vittima Numero 3”, terza e ultima puntata di questo noir pubblicato da Newton Compton.

Scampato a una faida tra bande criminali rivali per il controllo del traffico di droga a Roma, Flavio Gambari regna ormai su un piccolo impero. Al suo fianco Marzia, compagna di vita; Vasile, il suo braccio destro, che viene dalla schiavitù dei campi nomadi, e Jean Luc, un anziano gangster marsigliese che ha guidato i suoi giovani amici nel loro apprendistato criminale. Alla minaccia a cui ormai Flavio e Vasile sono sfuggiti, se n’è ora sostituita un’altra ben più preoccupante: l’ultimatum ricevuto da una gang che sta molto più in alto di quella di Flavio. La furia omicida che sta mietendo vittime in città rischia di concludersi in un bagno di sangue, senza vinti né vincitori. E nel frattempo la polizia è sulle loro tracce e sembra sul punto di porre fine alla loro inarrestabile ascesa.
 
La storia, ancora una volta, non contempla personaggi positivi: «Nel mondo più degradato, più perverso, più crudele che esista in Europa – spiega l’autore bestseller finalista al Premio Strega - non c'è spazio per la bontà, la compassione e l'empatia (e sto parlando di qualcosa che conosco bene). Se vuoi sopravvivere in certi ambienti, devi cancellare ogni traccia di umanità, altrimenti sei carne da macello». E anche stavolta, la Roma di “Stazione Omicidi. Vittima Numero 3” è una città allo sbando: infera, oscura, sotterranea, nascosta, che non vediamo o non vogliamo vedere. Quella che calpestiamo, sfioriamo, costeggiamo ogni giorno senza riconoscerla: «Nella trilogia, soprattutto nel secondo e nel terzo romanzo, c'è la Roma criminale della grande delinquenza, del malaffare e della corruzione, che solo in parte è emersa dopo l'inchiesta su Mafia Capitale, definizione, peraltro, che detesto cordialmente», ammette lo scrittore intento a mostrare il volto mortificato di due città che di continuo si incrociano e interagiscono tra loro (un po' come lo Yn/Yang della filosofia taoista di cui Lugli è praticante assiduo da 25 anni).
 
Con uno stile narrativo crudo, cinematografico, realistico e tosto che viene dal giornalismo; con un attacco e una chiusa che ricordano una bella pagina di cronaca, tra un pugno allo stomaco del lettore per agganciarlo e una parte finale che lo faccia riflettere, commuovere o che, magari, lo porti a rimpiangere il libro già finito, l’autore mette a nudo una Roma oscura, livida, sinistra, ostile e pericolosa. E i protagonisti del libro? Che siano banditi, spacciatori o giornalisti, parlano come se fossimo nella vita reale. A volte sono personaggi di pura fantasia; altre, sono figure che Lugli ha di certo incontrato durante la lunga carriera di giornalista di nera. Professione iniziata nel 1975, in piena guerra tra la gang dei Marsigliesi e i vecchi boss della mala romana che non volevano saperne dell'eroina.

Racconta l’autore: «Che tempi, ragazzi. I giornali chiudevano alle 3 di notte, vivevamo in questura o sulle autocivette della mobile, entravamo sulla scena del delitto, guardavamo i cadaveri, lavoravamo con occhi e orecchie bene aperti perché le agenzie erano poche e internet doveva ancora nascere. La mala era tutt'altra faccenda». Dopo i Marsigliesi vennero i Proietti, la Magliana, i cani sciolti come Johnny Lo Zingaro o Lallo Lo Zoppo. Per Lugli, «un altro mondo. Con noi della stampa avevano un rapporto ambiguo: leggevano i giornali e capitava che ci telefonassero per farci i complimenti o per dirci che avevamo scritto un sacco di fesserie. Oggi, la mala romana è incarognita, imbastardita e, a mio parere, priva di qualsiasi “allure” letteraria. Nella Capitale c'è una sola eccezione in questo senso: I Casamonica. Ma se mi metto a parlare di loro non la finisco più», conclude. E chissà che lo scrittore non deciderà di riprendere il discorso nel suo prossimo libro.

“Stazione Omicidi. Vittima Numero 3” di Massimo Lugli (Newton Compton editori, pagg. 378, euro 9,90)

© RIPRODUZIONE RISERVATA