«Nulla è impossibile», Behgjet Pacolli racconta in un libro la sua vita

«Nulla è impossibile», Behgjet Pacolli racconta in un libro la sua vita
di Elena Panarella e Rossella Fabiani
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Venerdì 26 Gennaio 2018, 21:01 - Ultimo aggiornamento: 21:12
Molti lo conoscono perché è l’uomo più ricco del Kosovo e perché ha restaurato i palazzi del potere di Mosca: la Casa Bianca sulle rive della Moscova e il Cremlino. Altri, soprattutto in Italia, lo ricordano come l’ex marito della cantante Anna Oxa. Ma la vita di Behgjet Pacolli, oggi ministro degli Esteri del governo di Pristina, è molto di più. La sua storia sembra scritta da uno sceneggiatore della Metro Goldwyn Mayer. E adesso è lui a raccontarla in prima persona nelle pagine del libro “Nulla è impossibile. La mia vita dalla povertà al successo” pubblicato dalla Cairo editore e presentato ieri a Roma alla Società Dante Alighieri.

Dalle umili origini nel piccolo villaggio di Marec, vicino a Pristina, alla ricchezza raggiunta con la Mabetex, la società di costruzioni che lo ha portato alla corte di Eltsin a Mosca dove restaurò prima la Casa Bianca (sede del governo) e poi il Cremlino (che fu degli zar e ora è sede della presidenza). «Andai perfino in biblioteca a studiarmi i bozzetti settecenteschi degli architetti italiani prima di mettere mano a quelle stanze dorate», dice Pacolli che con la sua Mabetex ha realizzato dal nulla anche l’Astana di Nazarbaev, la capitale del Kazakistan, economicamente il suo colpo più grosso. E c’era anche lui tra chi ha fatto rinascere la Fenice di Venezia dopo l’incendio. Nel libro, per la prima volta, Pacolli ricorda gli anni della sua infanzia da albanese in Kosovo – ancora parte della Jugoslavia – e poi quelli degli studi in Germania. Rivela i retroscena dello scandalo internazionale in cui è stato coinvolto, racconta i particolari degli incontri con Gheddafi, Putin, Clinton e Madre Teresa che, una volta a Calcutta, gli fece capire come i soldi non fossero tutto. La santa lo convinse a lasciare l’Hilton, lo mise a dormire in una stanzetta e in cambio si fece dare per i poveri i 200 dollari a notte che avrebbe pagato in albergo. Pacolli parla anche della sua storia d’amore con Anna Oxa e di quella con Masha, la sua attuale moglie russa e madre dei suoi figli, che oggi dirige la “Ibrahim Kodra Swiss Foundation” creata nel 1993 a scopi umanitari e culturali.

A 66 anni l’album della vita di Pacolli narra anche degli incontri con Tito, Nixon, Carla “Crudelia” Del Ponte, Zaha Hadid e dei fallimentari colloqui con Milosevic, delle trattative per salvare un ostaggio italiano in Afghanistan e di Gianni Agnelli mollato al Cremlino a fare anticamera. Ma, soprattutto, narrando la sua vita, Pacolli ripercorre un pezzo di storia dei Balcani, la caduta dell’Urss e la drammatica battaglia per l’indipendenza del Kosovo fino ad arrivare all’attualità e fare il punto sulla situazione politica, culturale ed economica del suo Paese. Un Paese di cui è stato presidente per un mese e che ora rappresenta in giro per il mondo come ministro degli Esteri. La politica è la sua grande passione: «Ho sempre fatto politica e oggi sono una persona-chiave: senza i miei deputati, il Kosovo sarebbe senza governo. Fra pochi giorni celebreremo i dieci anni d’indipendenza. La strada verso l’Europa è quella giusta, ma certa gente non lo è: o si adegua, o è meglio che se ne vada». Da tempo terre di conflitti, i Balcani sognati da Pacolli sono uniti e riconciliati. «Immagino queste terre come una grande anticamera dell’Europa. Ma siamo molto in ritardo. Nulla comunque è impossibile. Se dobbiamo aspettare ancora per aprire le porte europee, allora è meglio restare a casa e creare qualcosa di concreto lì piuttosto che a Bruxelles. Questo è sicuro. Siamo in grado di farlo, con la volontà tutto si può fare». Il 16 gennaio scorso è stato ucciso Oliver Ivanovic, il leader della minoranza dei serbi che vivono ancora nella regione che è a maggioranza albanese e il Kosovo – che ha dichiarato la sua indipendenza dieci anni fa – non è stato ancora riconosciuto da tutti i Paesi. Ma Pacolli non smette di credere a una possibile riconciliazione: «Lo dico dal 2007 e continuo a ripeterlo. Nei Balcani la pace e la riconciliazione tra i popoli in conflitto deve essere raggiunta. Non bisogna mai fermare il dialogo, sono convinto che soltanto quando si dialoga e si lasciano da parte le armi si può arrivare a una soluzione. Il processo di cui parlo va avanti molto piano. Siamo però riusciti con l’Albania ad avere incontri governativi due volte all’anno. Quest’anno iniziamo con la Macedonia e penso che a fine 2018 faremo incontri anche con il Montenegro. E’ un buon inizio per raggiungere questa anticamera europea di cui parlo». 

Il tempo passato da Behgjet Pacolli a Mosca per il suo lavoro, durante il periodo di Boris Eltsin, gli ha fatto conoscere a fondo la Russia che oggi è l’alleata principale della Serbia con cui Pristina ha pessimi rapporti. La sua esperienza personale potrà essere d’aiuto al Kosovo? «Sì. Conosco il modo di pensare dei russi. E’ un popolo grande, che apprezzo. Se ci sono divergenze politiche oggi, questo non vuol dire che un giorno non ci sarà amicizia». Qualcuno pensa anche che Pacolli si candiderà a premier del Kosovo. «Non so che cosa sarà del futuro. So che quello che ho fatto finora l’ho fatto con grande sacrificio. Con grande piacere e con voglia di costruire sempre. Tutti questi elementi combinati mi fanno pensare al titolo del mio libro: Nulla è impossibile». 
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