Orgoglio e pregiudizi, il risveglio delle donne ai tempi di Trump nel libro di Tiziana Ferrario

Orgoglio e pregiudizi, il risveglio delle donne ai tempi di Trump nel libro di Tiziana Ferrario
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Martedì 24 Ottobre 2017, 20:55 - Ultimo aggiornamento: 25 Ottobre, 17:09
E' in libreria "Orgoglio e Pregiudizi. Il risveglio delle donne ai tempi di Trump" (Chiarelettere, 252 pagine, 16,90 euro) di Tiziana Ferrario, giornalista, inviata e conduttrice Rai. Il volume verrà presentato giovedì 26 ottobre alle 17 nella sala della Lupa di Montecitorio alla presenza della presidente della Camera, Laura Boldrini, intervistata nel libro. Ne pubblichiamo un estratto.


«Le donne troppo spesso lasciano correre. Non vogliono fare polemiche per il quieto vivere» afferma Laura Boldrini. «È un misto di rassegnazione e senso di inadeguatezza». Le manifestazioni di insofferenza sono sotto gli occhi di tutti e si materializzano in tanti modi, soprattutto con il disprezzo sul web. «L’unico studio condotto su Twitter da Vox-Osservatorio italiano sui diritti ha rilevato che le donne sono la categoria più colpita dai tweet negativi, il 63 per cento, dove vengono etichettate come “troia”, “puttana”, “cesso”, “zoccola”, “vacca” e “cagna”.

«Ho avviato una discussione con i giganti del web – mi spiega la presidente della Camera – per fermare l’odio che dilaga in rete. È un lavoro culturale che richiede tempo. Nelle audizioni in commissione abbiamo chiesto a Facebook, che ha trenta milioni di utenti nel nostro paese, di aumentare il controllo e cancellare dal social network le frasi offensive e gli insulti. Fb – secondo quanto rilevato dalla Commissione europea, che ha chiesto ai giganti del web di firmare un codice di condotta – elimina in Italia solo il 4 per cento degli attacchi, mentre in Germania lo fa per oltre il 50 per cento. Credo sia servito interloquire con loro, qualcosa sta cambiando, ma ci vuole tempo. Anche la mia scelta di rendere pubblici alcuni degli insulti che ricevo ogni giorno in rete ha reso consapevoli i responsabili di quei messaggi di come le parole possano fare male. Alcuni, quando hanno visto il proprio nome o quello di un proprio familiare pubblicato, hanno capito e mi hanno chiesto scusa».

La presidente insiste sul suo impegno per rendere la rete un posto più sicuro. Mi parla dell’appello #bastabufale, che ha raccolto migliaia di consensi, e dei tavoli di lavoro contro le notizie false, le fake news, anticamera dell’odio, colpevoli di privare i cittadini del diritto a essere informati correttamente.

«Da settembre è partito il primo programma di educazione civica digitale nelle scuole medie e superiori, mirato a spiegare ai ragazzi e alle ragazze un uso responsabile del web e il valore della verifica su quanto si trova nei siti. Le ragazze devono stare molto attente. Devono avere una maggiore consapevolezza dei rischi che corrono di finire prede di persone senza scrupoli, persino dei compagni di scuola, che possono diffondere video e immagini imbarazzanti. C’è chi non ha resistito per la pressione e si è tolta la vita. In tante, sopraffatte dagli insulti, si sono cancellate da Facebook e Twitter, ma la considero una sconfitta. La mia battaglia ha come obiettivo il rispetto di tutti in rete». Passeggiamo lungo i corridoi della Camera ormai deserta.

Le donne sono il 30 per cento dei deputati. Una percentuale che potrebbe crescere se ci fosse una maggiore partecipazione delle donne alla vita politica. «È una strada piena di ostacoli» dice Laura Boldrini. Una ricerca dell’Inter-Parliamentary Union del 2016 ha rilevato che l’80 per cento delle parlamentari di trentanove paesi ha subito violenza psicologica (minacce di morte, stupro e rapimento) e il 65 per cento è stato oggetto di osservazioni sessiste e profferte sessuali. «Ho costituito il primo intergruppo di deputate sulle questioni di genere, per discutere di leggi ed emendamenti a favore delle donne». Ricorda i tanti incontri con i rappresentanti sindacali e delle aziende per promuovere l’occupazione e l’imprenditoria femminile. «Una donna che lavora è più libera di sottrarsi a un contesto violento, il lavoro è l’antidoto alla violenza. Ho invitato direttori di giornali per sensibilizzarli sul linguaggio e il racconto del mondo al femminile, ho parlato con i pubblicitari per chiedere maggiore sensibilità sull’uso del corpo delle donne».

La presidente ripercorre il lavoro compiuto in questi quasi cinque anni di legislatura che volge al termine. Non pensava, quando è entrata in parlamento, di arrivare alla poltrona di terza carica dello Stato. «All’inizio è stato complicato, ho dovuto imparare in fretta, perché venivo da un’esperienza totalmente diversa, avendo lavorato per venticinque anni nelle agenzie delle Nazioni unite. Ma è stato molto gratificante. Ho avuto la possibilità di rilanciare alcuni temi sociali che erano stati abbandonati. Per la prima volta in settant’anni, sono riuscita a introdurre il linguaggio al femminile negli atti parlamentari. Ho invitato tutti a usare i termini “ministra”, “deputata”, “signora presidente”... Non è un vezzo, è sostanza, eppure ancora oggi sento dire “signor ministro”... È un errore ed è ridicolo. Ce lo dice l’Accademia della Crusca. Perché più si va in alto e meno si trovano professioni e cariche declinate al femminile? Ho scelto di girare il paese in lungo e in largo toccando con mano che è molto meglio di come appare. È sofferente e ferito, ma c’è tanta energia e voglia di fare. Silenziosamente ci sono persone che si mettono in gioco e si reinventano. Non lo fanno urlando e così di loro non si parla, ma sono la maggioranza».

La presidente riconosce di aver interpretato il suo ruolo istituzionale in maniera differente dal passato. «Se fossi rimasta zitta evitando di prendere posizione e spendermi sulle questioni sociali che riguardano la quotidianità delle persone, la mia vita sarebbe stata più tranquilla e facile, ma proprio perché sono la terza carica dello Stato mi sono sentita in dovere di fare delle battaglie in nome di chi è più in difficoltà e di quanti chiedono di essere ascoltati. Sono stata in luoghi difficili, nelle periferie delle grandi città, dove non ci sono tappeti rossi ma problemi. Non ho voluto essere una vestale delle istituzioni e ho cercato di accorciare le distanze tra la gente e i palazzi della politica».

Si appassiona quando mi elenca i cambiamenti fatti all’interno di Montecitorio, vincendo immaginabili resistenze. «Abbiamo fatto tagli e risparmi per 350 milioni di euro. Mi sono ridotta lo stipendio del 30 per cento, ho rinunciato all’appartamento di servizio. Con l’Ufficio di presidenza, abbiamo tolto il segreto su migliaia di documenti. Abbiamo introdotto un codice di condotta per i deputati che vieta tra l’altro di ricevere doni di valore superiore ai 250 euro».

Diventa inevitabile parlare dei feroci attacchi che ha subito e continua a subire. Quanta misoginia c’è dietro a questi insulti, minacce e notizie false diffuse senza ritegno, persino su una sorella morta da tempo? «Gli attacchi sono arrivati perché sono una donna in una posizione di potere che non si è mai nascosta. Ho scelto di affrontare temi scottanti e per certe persone io sono un affronto vivente perché sono il frutto della mia esperienza e tengo alti i valori in cui credo: giustizia sociale, solidarietà, parità tra uomini e donne, diritti civili eccetera. Non sono iscritta ad alcun partito e dico quello che penso. Hanno cercato di delegittimarmi inventando bufale di sana pianta. Un’operazione che non ha niente a che fare con il giornalismo. Una macchina del fango che mira a distruggere la reputazione delle persone e inquina il dibattito pubblico. È stata purtroppo la parte squallida che ho dovuto gestire all’interno di un’esperienza che mi ha dato tanto».

Ci fermiamo nella Sala delle donne, sotto i ritratti delle prime politiche che hanno segnato la storia della nostra Repubblica. Un luogo voluto da Laura Boldrini perché a Montecitorio «non esisteva traccia delle prime donne che dall’avvio della Repubblica, nel 1946, hanno ricoperto incarichi pubblici». Ci sono i volti delle costituenti, la prima ministra, le prime sindache, la prima presidente della Camera, la prima presidente di Regione. Su una parete, in mancanza di foto, tre specchi per quelle cariche alle quali nessuna donna ha mai avuto accesso in Italia: presidente della Repubblica, presidente del Senato, capo del governo.

«La prima potresti essere tu» è scritto su una targa. È il posto preferito dalle ragazze in gita scolastica per una foto ricordo. Ma quale può essere il futuro per l’attuale presidente della Camera? «In questi anni ci sono stati tanti cambiamenti e colpi di scena difficilmente prevedibili. In politica bisogna essere pronti a ogni scenario. Cinque anni fa ho fatto una scelta e continuerò a fare politica se ci saranno i presupposti e la condizione per andare avanti. Altrimenti sarà stata un’esperienza indimenticabile».


 
 
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