Cosa le ha dato più fastidio?
«L’accorpamento di volumetrie che cambia la fisionomia dell’ambiente. Se avessero lasciato la casa colonica così com’è non sarebbe successo nulla, anzi lì ci sarebbe stata bene una struttura, ma con meno camere. Invece accorperanno le pertinenze, cioè porcilaia, area forno e capanno per agli attrezzi, e non sarà più la bella casa colonica antica, forse vista anche da Giacomo».
E ci saranno anche gli ombrelloni e un parcheggio.
«Lasciamo perdere gli ombrelloni che la sera si chiudono, ma il parcheggio sotterraneo e lo spostamento di alcuni metri della casa non sono accettabili».
Eppure il sindaco di Recanati reputa giusta la ristrutturazione.
«Questa è una tipica casa marchigiana che l’amministrazione valuta come una casa brutta, misuriamo a chili l’ambiente quando andrebbe misurato in grammi. Io su questo mi impunto».
E lo ha fatto anche quando l’Enel voleva passare con l’elettrodotto sul Colle dell’Infinito.
«Nel ’98 feci una battaglia, ma ora non sono contrario al restauro, anzi ben venga ma rispettando l’originalità del casale. Mi auguro che dall’opinione pubblica venga la spinta per il cambiamento del progetto e si adotti un restauro meno pesante in una parte sensibile del Colle, che è memoria collettiva apprezzata così tanto nel mondo, spazio di meditazione, dove Giacomo si perdeva nel pensiero».
Un punto di osservazione emozionante.
«Il Colle scopre su tutto l’Appennino, si vede la valle del Potenza e la zona ha già macchie di edifici industriali. Ho proposto opportune opere di maquillage che prevedono una mimetizzazione delle aree che si stagliano nel verde, vanno cambiati i colori delle aree industriali così da amalgamarle con il terreno. Non si deve perdere quel senso di vaghezza, l’impatto visivo dal Colle deve rimanere così com’è».
Intatto nel tempo.
«Deve restare il senso del selvaggio. Se proprio ci vogliamo fare qualcosa, ripiantiamo le vigne di una volta e facciamo il vino dell’Infinito».
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