Waltz: «E ora sfido anche James Bond»

Waltz: «E ora sfido anche James Bond»
di Gloria Satta
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Sabato 27 Dicembre 2014, 05:56 - Ultimo aggiornamento: 6 Gennaio, 12:05
Sullo schermo, un suo sorriso può gelarti il sangue nelle vene. Avete presente Hans Landa, il nazista sadico e raffinato protagonista di Bastardi senza gloria, il film di Tarantino che nel 2009 gli regalò il primo Oscar (il secondo sarebbe arrivato tre anni dopo per Django Unchained)?



Ma visto da vicino l'austriaco Christoph Waltz è un uomo squisito che non incute alcuna paura, semmai suscita ammirazione: è un grande attore arrivato al successo dopo i 50, perfezionista, poliglotta, elegante, coltissimo, molto riservato. Anche se è stanco di sentirselo ripetere, Waltz, 58 anni, quattro figli e una stella a suo nome fresca fresca sulla Hollywood of Fame di Hollywood, è abbonato ai ruoli di cattivo. Il prossimo, chiamato Oberhauser, sarà l'antagonista di James Bond nel nuovo film della saga 007, Spectre, che si girerà a Roma nelle prossime settimane.



Intanto l'attore, che abbiamo ammirato anche in Carnage di Polanski e The Zero Theorem di Gilliam (ma lo vedremo presto nella commedia americana Come ammazzare il capo 2) dà vita all'ennesimo personaggio spregevole: in Big Eyes, il nuovo e atteso film di Tim Burton (nelle sale il 1° gennaio con Lucky Red dopo l'anteprima al festival Capri-Hollywood) è il pittore americano Walter Keane protagonista negli anni 60 di una clamorosa vicenda artistico-giudiziaria. Conobbe il successo grazie ai suoi quadri che ritraevano bambini dai grandi occhi tristi, ma a dipingerli era in realtà sua moglie Margaret (Amy Adams) che poi decise di divorziare e vinse la causa per plagio dopo un pubblico “duello” con lui a colpi di pennello.



Waltz, che effetto le ha fatto questo marito terribile?

«Terribile, dice? Certo, Keane è un uomo cinico, manipolatore e sfrutta i sentimenti di sua moglie per arricchirsi e diventare famoso. Ma io non lo giudico, come non giudico mai i miei personaggi. Sarebbe una mancanza di rispetto verso gli spettatori: non voglio influenzarli».



Ma qual è il segreto delle sue interpretazioni da Oscar?

«Non può chiedermi di svelare i trucchi del mestiere, rovinerei le emozioni del pubblico. Posso solo dirle che mi impegno al massimo e detesto l'improvvisazione».



Perché i registi le offrono sempre parti da carogna?

«Per me non esistono ruoli di buono o di cattivo. Contano solo i film di qualità. Detesto i pregiudizi e mi preoccupo di fornire la migliore interpretazione possibile».



Che tipo di regista è Tim Burton? Somiglia a Tarantino?

«No, con Quentin non ha nulla in comune. Sono entrambi dei geni ma totalmente diversi. Burton è molto preciso e al tempo stesso visionario. È un artista che sul set non dà ordini ma comunica da artista, facendo trovare agli attori la giusta direzione».



La sua storia è in controdendenza: ha avuto successo all'età in cui molte star affrontano il declino...

«Sfondare dopo i 50 mi ha aiutato a mantenere i piedi per terra e a non farmi travolgere. Lo spettacolo è un affare di famiglia: mio padre è scenografo, mia madre costumista, la nonna era attrice, mia moglie fa la costumista. Altro che privilegi e capricci. Ho imparato presto a non idealizzare il nostro mestiere e a capire invece che richiede serietà, impegno, fatica».



Cosa fa quando non è sul set?

«Cerco di coltivare la mente: leggo, vado al cinema, a teatro. E seguo la lirica, la mia grande passione».



Come decide quali ruoli accettare?

«Devono piacermi la sceneggiatura e il regista, ovviamente. E mi preoccupo che il mio personaggio non somigli a qualcosa che ho già fatto. Adoro le sfide».