Rohrwacher: "Peccato per Bellocchio,
a Cannes avevo lottato per lui"

Alice Rohrwacher nella Giuria di Cannes 2019
di Gloria Satta
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Lunedì 27 Maggio 2019, 08:24
Il giorno dopo, tra esultanza e rimpianti. Primo coreano a vincere la Palma d’oro nella storia del Festival di Cannes, Bong Joon-ho, 49 anni, assapora il trionfo: «Bisogna toccarla per convincersi che sia proprio vera», dice il regista accarezzando il trofeo ricevuto dalle mani di Catherine Deneuve per la commedia ”nera” Parasite. La vittoria del film è stata decisa all’unanimità, ha rivelato il presidente della giuria Alejandro Iñárritu. Ma, in partenza dalla Croisette, la giurata Alice Rohrwacher confessa il rammarico legato all’esclusione dal palmarès del film di Marco Bellocchio: «Provo una profonda amarezza per il fatto che, nel processo democratico delle nostre decisioni, Il Traditore sia rimasto fuori malgrado io l’abbia difeso con tutte le forze», dice la regista che dirigerà due episodi della serie L’amica geniale 2. «Ma Bellocchio ha girato un grande film, popolare e urgente: rimarrà nella mente di tutti i giurati».
NOUVELLE VAGUE. In attesa dei nuovi successi internazionali di Il Traditore, venduto nel mondo intero, e dell’uscita di Parasite (in Italia uscirà a dicembre con Academy Two), tutti si chiedono chi sia Bong Joon-ho, esponente della Nuovelle Vague coreana e ormai destinato a soppiantare nel cuore dei cinefili il premiatissimo Park Chan-wook (Old Boy, Thirts). Figlio di un designer, Bong ha studiato sociologia all’università di Seul. E dal 2000, l’anno dell’opera prima Barking Dog, fino a Parasite passando da Memories of Murder, l’horror The Host (2006), il fantascientifico The Snowpiercer (2013) fino a Okja (2017), il suo cinema ha sempre puntato sulla satira e l’umorismo grottesco per denunciare le ingiustizie della società. Non fa eccezione Parasite che racconta l’incontro-scontro tra due famiglie di Seul, una ricca e l’altra povera, all’interno di uno stesso spazio. E a un certo punto risuona la canzone In ginocchio da te: «Vorrei tanto conoscere Gianni Morandi», ha rivelato il regista.
«Il film è nato dal mio desiderio di mostrare quanto sia difficile, in questo triste mondo contemporaneo, la convivenza tra persone di estrazione diversa», spiega il regista. «Parasite è una commedia senza comici, una tragedia senza cattivi. E’ un dramma umano i cui protagonisti si illudono si poter vivere in simbiosi, ma non funziona. La contrapposizione tra le due famiglie è lo specchio del dislivello esistente tra i ricchi e i poveri. E non solo nella Corea del Sud: la polarizzazione delle diseguaglianze sociali c’è in tutto il mondo».
LE POLEMICHE. Bong, che si è dichiarato grande ammiratore dei maestri francesi del noir Claude Chabrol e Henri-Georges Cluzot, non era a Cannes per la prima volta. «Ogni volta che ho partecipato al Festival mi sono sentito eccitato, rinnovato, nervoso. E’ un piacere immenso presentare in anteprima i miei film, che mi sono costati tanta fatica, nel luogo più ”caldo” e appassionato del mondo», spiega. E cosa pensa delle polemiche che nel 2017 accompagnarono a Cannes il suo Okja, satira del capitalismo alimentare prodotta dal Netflix? «Dovrebbe esserci una maggiore spinta alla coesistenza tra cinema e piattaforme. Sono un regista e il mio lavoro è girare film. Non mi preoccupo della politica produttiva. Ma sono rimasto felice della reazione del pubblico. Soprattutto i vegani e i vegetariani hanno amato Okja». Sta preparando l’ottavo film. «Scrivo le sceneggiature in un caffé, le chiacchiere della gente mi stimolano». E come definirebbe il suo cinema? «Giro film di genere ma non in modo classico. Cerco sempre di rompere gli schemi».
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