NOUVELLE VAGUE. In attesa dei nuovi successi internazionali di Il Traditore, venduto nel mondo intero, e dell’uscita di Parasite (in Italia uscirà a dicembre con Academy Two), tutti si chiedono chi sia Bong Joon-ho, esponente della Nuovelle Vague coreana e ormai destinato a soppiantare nel cuore dei cinefili il premiatissimo Park Chan-wook (Old Boy, Thirts). Figlio di un designer, Bong ha studiato sociologia all’università di Seul. E dal 2000, l’anno dell’opera prima Barking Dog, fino a Parasite passando da Memories of Murder, l’horror The Host (2006), il fantascientifico The Snowpiercer (2013) fino a Okja (2017), il suo cinema ha sempre puntato sulla satira e l’umorismo grottesco per denunciare le ingiustizie della società. Non fa eccezione Parasite che racconta l’incontro-scontro tra due famiglie di Seul, una ricca e l’altra povera, all’interno di uno stesso spazio. E a un certo punto risuona la canzone In ginocchio da te: «Vorrei tanto conoscere Gianni Morandi», ha rivelato il regista.
«Il film è nato dal mio desiderio di mostrare quanto sia difficile, in questo triste mondo contemporaneo, la convivenza tra persone di estrazione diversa», spiega il regista. «Parasite è una commedia senza comici, una tragedia senza cattivi. E’ un dramma umano i cui protagonisti si illudono si poter vivere in simbiosi, ma non funziona. La contrapposizione tra le due famiglie è lo specchio del dislivello esistente tra i ricchi e i poveri. E non solo nella Corea del Sud: la polarizzazione delle diseguaglianze sociali c’è in tutto il mondo».
LE POLEMICHE. Bong, che si è dichiarato grande ammiratore dei maestri francesi del noir Claude Chabrol e Henri-Georges Cluzot, non era a Cannes per la prima volta. «Ogni volta che ho partecipato al Festival mi sono sentito eccitato, rinnovato, nervoso. E’ un piacere immenso presentare in anteprima i miei film, che mi sono costati tanta fatica, nel luogo più ”caldo” e appassionato del mondo», spiega. E cosa pensa delle polemiche che nel 2017 accompagnarono a Cannes il suo Okja, satira del capitalismo alimentare prodotta dal Netflix? «Dovrebbe esserci una maggiore spinta alla coesistenza tra cinema e piattaforme. Sono un regista e il mio lavoro è girare film. Non mi preoccupo della politica produttiva. Ma sono rimasto felice della reazione del pubblico. Soprattutto i vegani e i vegetariani hanno amato Okja». Sta preparando l’ottavo film. «Scrivo le sceneggiature in un caffé, le chiacchiere della gente mi stimolano». E come definirebbe il suo cinema? «Giro film di genere ma non in modo classico. Cerco sempre di rompere gli schemi».
© RIPRODUZIONE RISERVATA