Oscar, nelle nominations vincono le storie vere, ma il "piccolo" Boyhood fa il pieno di candidature

Patricia Arquett e il piccolo Ellar Coltrane in una scena di Boyhood
di Fabio Ferzetti
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Giovedì 15 Gennaio 2015, 16:20 - Ultimo aggiornamento: 17 Gennaio, 12:31

Poche sorprese quest’anno per le candidature all’Oscar. Esclusioni clamorose non ce ne sono, anche se come sempre ci sarebbe molto da discutere sulle scelte dei votanti. Il titolo più strapazzato, fra quelli della fascia alta, è forse l’ambizioso Interstellar, che deve accontentarsi di tre nominations tecniche più quella per le migliori scenografie.

Il resto si tiene in buon equilibrio tra film di forte contenuto civile come Selma o American Sniper, prodotti più decisamente d’autore come Boyhood di Richard Linklater, Grand Budapest Hotel di Wes Anderson o Whiplash di Damien Chazelle, ancora inedito in Italia, che aprì la scorsa edizione del Sundance.

A cui si aggiungono due magnifici film, stranamente sottovalutati a Cannes e a Venezia, cioè Foxcatxcher di Bennett Miller e Birdman di Alejandro G.

Inarritu. E naturalmente i soliti biopic pigliatutto, che quest’anno battono entrambi bandiera britannica, The Imitation Game e La teoria del tutto.

Vale la pena notare che dei 5 attori candidati alla statuetta, solo Michael Keaton in Birdman recita un personaggio immaginario, mentre gli altri 4 danno corpo a personaggi reali, uno solo dei quali vivente, lo Stephen Hawking di La teoria del tutto.

Proporzioni più basse tra le candidate a miglior protagonista femminile: Felicity Jones e Reese Whiterspoon hanno dietro figure esistenti (e viventi), le altre tre no. Evidentemente il borsino del biopic tira di più in direzione maschile (e speriamo che non arrivi anche in questo campo la richiesta di pari opportunità...).

a anche tra le migliori sceneggiature non originali ci sono tre biopic contro un grande scrittore, il Thomas Pynchon adattato da P.T. Anderson in Inherent Vice.

Pochi i candidati non statunitensi. Oltre a Milena Canonero, unica italiana in lista per i magnifici costumi di Grand Budapest Hotel, tra i candidati alla miglior fotografia ci sono i polacchi Ryszard Lenczewski e Lukasz Zal per Ida e l’inglese Dick Pope per Mr. Turner (due capolavori, fra l’altro). Mentre Morten Tyldum, regista di The Imitation Game è norvegese, ma fa un film che più british non si può.

Meno eccitante del solito la gara per il best animation film, che inspiegabilmente esclude The Lego Movie (forse perché non è di animazione fino in fondo?), ma recupera almeno la sua canzone.

Tra i documentari infine salta agli occhi l’assenza del folgorante The Look of Silence di Joshua Oppenheimer. Troppo duro con gli Stati Uniti, forse, per entrare in lizza.

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