È stata la mano di Dio: Sorrentino torna a casa sognando Los Angeles

Il regista presenta a Napoli il suo film candidato agli Oscar

È stata la mano di Dio: Sorrentino torna a casa sognando Los Angeles
di Gloria Satta
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Mercoledì 17 Novembre 2021, 07:45 - Ultimo aggiornamento: 11:14

La commozione di Paolo Sorrentino, gli applausi scroscianti degli spettatori, l'abbraccio della città da cui tutto è partito e a cui tutto ora torna. «Rieccomi a casa», dice il regista premio Oscar durante l'emozionante anteprima di Napoli: proiezione al cinema Metropolitan, poi cena di gala nel foyer del Teatro San Carlo, tra gli ospiti anche il Presidente della Camera Roberto Fico e il ministro Dario Franceschini, e inizia il viaggio verso il pubblico di È stata la mano di Dio, il film più personale e più intimo di Paolo, candidato italiano agli Academy Award 2022 e a 3 Efa. «Sono molto emozionato, è come partecipare al mio matrimonio», sussurra il regista napoletano, 51, stemperando la commozione nella proverbiale ironia, «proprio qui, nella mia città, il film è destinato ad essere compreso in tutte le sue sfumature».

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La commozione

Occhi lucidi anche per gli attori: il grande Toni Servillo nel ruolo del padre del regista, Teresa Saponangelo che fa la madre, il 21enne Filippo Scotti (è il regista adolescente), Luisa Ranieri nella parte della zia sessualmente disinibita, Massimiliano Gallo, Enzo Decaro, Dora Romano, Cristiana Dell'Anna, Ciro Capano. Un cast corale per raccontare la storia, «molto fedele alla realtà, ma in parte inventata» del giovanissimo Paolo che trovò il suo futuro nel cinema dopo la morte improvvisa dei genitori, portati via dal monossido di carbonio nella casa delle vacanze quando lui aveva appena 16 anni e non li aveva accompagnati per seguire una partita del suo idolo Diego Maradona. «Era venuto, passati i 50, il momento di raccontare la mia vicenda... e ora parlare tanto del film ha reso il ricordo del mio dolore un fatto quotidiano, quasi noioso: è un modo bellissimo per superarlo». Vincitore del Leone d'argento - Gran Premio della Giuria a Venezia, prodotto da Lorenzo Mieli e dallo stesso Sorrentino per The Apartment, società del Gruppo Fremantle, il film sarà in 250 sale il 24 novembre con Lucky Red, poi dal 15 dicembre a disposizione di tutto il mondo su Netflix.
Intanto, vigorosamente sostenuto dalla piattaforma, ha imboccato la strada verso la notte delle stelle (in programma il 27 marzo), sperando di entrare il 21 dicembre nella shortlist per avere poi l'8 febbraio la nomination che, a giudicare dall'accoglienza entusiastica dei critici internazionali, potrebbe arrivare addirittura doppia: sia come miglior film internazionale sia nella categoria del Best Picture.

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I meccanismi

Si tratta di una lunga marcia che nel 2014 sfociò nel trionfo de La Grande Bellezza: cosa è cambiato oggi? «Ho una maggiore consapevolezza dei meccanismi dell'Oscar: dipende da variabili che non puoi controllare, l'importante è fare il lavoro giusto sperando che queste variabili coincidano», risponde Sorrentino. «Viviamo alla giornata.

Il percorso è lungo e difficile, tra l'altro lastricato di bellissimi film». Nelle prossime settimane il regista tornerà in giro per il mondo, anche in America, per accompagnare la campagna-Oscar. Nel frattempo tra i momenti più felici della sua storia cinematografica include questa anteprima napoletana. «Ma mi bastava già aver girato il film che, se proprio deve contenere un'indicazione per i giovani, è un messaggio di speranza: mai abdicare all'idea del futuro», spiega. E rivela: «Sul set il mio nume tutelare è stato Massimo Troisi».

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La polemica

Malgrado il quotidiano francese Le Figaro abbia definito Napoli «città da terzo mondo», il regista non entra nella polemica: «Senza sconfinare in un terreno politico o sociologico, Napoli se la cava egregiamente da tantissimo tempo, non è facile diventare altro da quello che è». Interviene Servillo: «Amo Napoli profondamente, sono in debito costante con questa città, con le sue arti, con il suo spettacolo. Non saprei vivere da nessun'altra parte, amo questo terzo mondo».

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