I musei italiani alla prova del Covid-19

I musei italiani alla prova del Covid-19
di Andrea Boscaro
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Lunedì 26 Luglio 2021, 16:06

Annunciato in piena pandemia nella primavera del 2020 dal Ministro Dario Franceschini, Itsart, il "Netflix della cultura italiana", a distanza di più di un anno pare non decollare a dimostrazione, se ve ne fosse stato ancora bisogno, che è complesso, se non illusorio, conquistare spettatori in un contesto in cui le "guerre dello streaming" sono aspre fra gli stessi grandi operatori come Netflix e Amazon. Non a caso, la Francia, ad esempio, ha preferito percorrere una strada diversa e approvare una legge che mira ad obbligare tali aziende a investire parte dei propri ricavi in contenuti di carattere locale.

La joint-venture fra Cassa Depositi e Prestiti e Chili, ItsArt, ha dovuto peraltro confrontarsi in questi mesi non solo con le piattaforme di streaming e con Raiplay, la cui offerta culturale è ricchissima e gratuita, ma anche con i musei e con le istituzioni culturali del nostro Paese che, proprio nel 2020, hanno indubbiamente messo il piede sull'acceleratore per pubblicare contenuti digitali di qualità sui propri siti, su YouTube e sui social media.

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Volti a mantenere la relazione con il pubblico e con il proprio territorio di riferimento e ad intercettare visitatori, durante i periodi di apertura della scorsa estate, tali iniziative hanno però rivelato da parte dei musei italiani ed internazionali una creatività ed una volontà di sperimentare tali da lasciare immaginare scenari che apriranno nuovi orizzonti alla fine della crisi pandemica e sfoceranno in nuovi modelli di business e servizi innovativi: già a Bologna, a Palazzo Accursio, un sistema di telecamere ha il compito di utilizzare i big data per analizzare come le opere d'arte vengono guardate per migliorarne collocazione ed allestimento.

Questo spirito innovativo aveva in realtà già cominciato a muovere i primi passi prima del Covid-19: i musei si erano sfidati su Twitter nel pubblicare il reperto più bizzarro fra quelli non oggetto di esposizione ed avevano sfidato gli utenti a riprodurre, sotto forma di selfie, i dipinti più famosi.

Che i social media fossero degli ambienti da presidiare per aggregare una community di fan capaci di difendere il museo da critiche ed osservazioni negative (che in periodo di distanziamento, si sono spesso tradotti in in recensioni causati più dai regolamenti che da una inefficiente organizzazione) e, in qualche caso, da veri e propri shit-storm come quello a cui è stato nel 2018 oggetto il Museo Egizio di Torirno per un'iniziativa che voleva portare al museo coloro che parlavano arabo.

Dalle critiche non è stato esente durante il 2020 neanche il Museo degli Uffizi di Firenze che pur ha tratto giovamento dalla visita di Chiara Ferragni ed in effetti la creatività non si è risparmiata durante questi mesi persino su TikTok, dove è impazzato per settimane l'hashtag #museummoment e su Instgram dove i musei italiani ed internazionali hanno creato tutorial, dirette, "challenge" fino ad inscenare, come ha fatto un museo della cultura contadina britannico, dei veri propri sketch fra gli abitanti di quel territorio, abbigliati da inglesi dell'epoca vittoriana.

 

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Se la Pinacoteca di Brera dunque ha creato video su Instagram, gli Uffizi hanno fatto descrivere su Facebook le nature morte di tavole imbandite da cuochi che ne rivelavano le ricette dell'epoca fino ad arrivare al Muse di Trento che gestisce un Gruppo di "citizen science" per portare la divulgazione scientifica negli smartphone di chi, anche a distanza, intenda scoprire il territorio attraverso le meraviglie meno conosciute della natura. Se il Museo francese della Grande Guerra aveva già fatto rivivere su Facebook i suoi memorabilia attraverso i ricordi di Leon Vivien, un maestro elementare dell'epoca che su Facebook li raccontava con il proprio profilo personale, i musei italiani hanno usato i mesi contraddistinti da chiusure e distanziamenti per raccontarsi attarverso Stories e Meme, Infografiche e dirette.

L'arte e la storia della scienza passeranno infatti sempre più attraverso una conoscenza digiale e, di fronte a portali come "Arts and Culture" di Google che annoverano ormai decine di musei le cui opere sono osservabili attraverso immagini ad altissima risoluzione e visite guidate con la tecnologia Street View, è dunque opportuno che queste inziative creino le condizioni per valorizzare ancor più, quando la polvere del Covid si sarà finalmente depositata, il contatto diretto delle opere, l'esperienza tattile e materiale del passato che intendono illuminare. 

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