Allenare la voglia di scherzare è possibile, ecco perché aiuta a vivere meglio

Allenare la voglia di scherzare è possibile, ecco perché aiuta a vivere meglio
di Carla Massi
2 Minuti di Lettura
Lunedì 31 Agosto 2020, 21:03
«La salute si basa sulla felicità» ripeteva il medico clown statunitense Patch Adams. E su questa convinzione ha fondato il suo metodo terapeutico: umorismo e divertimento come ingredienti essenziali per la guarigione del corpo e della mente. Semplicemente per vivere bene con la “terapia del sorriso”. Che oggi, più che mai, dovrebbe essere imparata per “costruire” una vita meno noiosa e trovare fonti di divertimento anche nelle situazioni più ordinarie.

L'indicazione arriva da una ricerca condotta della Martin Luther King University Halle-Wittenberg in Germania: il lavoro (pubblicato sulla rivista Applied Psychology: Health and Well-Being) rivela che anche la giocosità e il desiderio di scherzare è un tratto del carattere che può essere allenato.  Uno sport mentale per permettere di liberarci da atteggiamenti chiusi, razionali e statici. Per sviluppare curiosità e intelligenza creativa capaci di renderci più elastici.

«Le persone particolarmente giocose hanno difficoltà ad annoiarsi - spiega René Proyer, uno degli autori dello studio Riescono a trasformare quasi ogni situazione quotidiana in un’esperienza divertente o coinvolgente. Ad esempio, amano i giochi di parole e mentali e sono piuttosto curiosi. Ciò però non implica che siano sciocche o frivole». Alcuni studi svolti in passato hanno dimostrato che gli adulti più giocosi hanno occhio per i dettagli, adottano con facilità nuove prospettive e possono rendere un compito monotono interessante. Finora non era chiaro se si potesse allenare la giocosità e quali effetti questo potesse avere.

I ricercatori hanno collaborato con l’Università di Zurigo e la Pennsylvania State University e si sono basati sulla collaborazione di 533 persone. I partecipanti sono stati divisi in tre gruppi. In due, prima di andare a letto, dovevano descrivere tre situazioni della giornata appena trascorsa in cui si erano comportati in modo giocoso, oppure usare l’inclinazione alla giocosità in una situazione non familiare, per esempio nella vita professionale, e annotare l’esperienza o riflettere sul comportamento giocoso che avevano osservato in se stessi nel corso della giornata.
Il terzo gruppo, al contrario, ha ricevuto un compito che non ha influito in alcun modo sul loro carattere.
Da un questionario condotto prima dell’esperimento e dopo una, due, quattro e dodici settimane è risultato un aumento della giocosità nel gruppo di persone che aveva fatto esercizi appositi, associato a un miglioramento temporaneo e moderato del benessere. 
© RIPRODUZIONE RISERVATA